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Messaggio numero 3180 del 01-08-2017


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Direzione Generale
Roma, 01-08-2017
Messaggio n. 3180
OGGETTO:

Indennità di disoccupazione in favore degli operai agricoli a tempo indeterminato. Chiarimenti.

   

Sono pervenute segnalazioni e richieste di chiarimento in materia di indennità di disoccupazione in favore degli operai agricoli a tempo indeterminato, soprattutto in ordine al contenzioso amministrativo e giudiziario instaurato da tale categoria di lavoratori per l’ottenimento di indennità di disoccupazione non agricola (DSO, ASpI/miniASpI, NASpI).


In particolare, è stato rappresentato che un operaio agricolo a tempo indeterminato, che venga licenziato il 31 dicembre a conclusione di una attività lavorativa per la quale risulta copertura contributiva per l’intero anno solare, non ha diritto al riconoscimento dell’indennità di disoccupazione agricola in quanto non residuano nell’anno di competenza giornate indennizzabili. Nel contempo, lo stesso lavoratore non ha diritto all’indennità di disoccupazione non agricola se nel biennio – relativamente al requisito per disoccupazione ordinaria e indennità ASpI -  o nel quadriennio o negli ultimi dodici mesi - relativamente al requisito per l’indennità NASpI -  precedenti la cessazione del rapporto di lavoro sia stato prevalentemente lavoratore agricolo. In tale contesto, l’operaio agricolo a tempo indeterminato è privo di tutela contro la disoccupazione.



A chiarimento della questione si espongono le seguenti osservazioni, anche a seguito di una recente nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che, sull’argomento, conferma la legittimità dell’operato dell’Istituto nonché della Sentenza della Corte Costituzionale n. 194, 6 giugno-14 luglio 2017, pubblicata nella G.U. 1a Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 29 del 19 luglio 2017, con la quale la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, della legge 29 aprile 1949, n. 264 e s.m.i. sollevata dal Tribunale Ordinario di Potenza, in funzione di Giudice del Lavoro, con Ordinanza del 22 novembre 2013, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui esclude che il lavoratore agricolo a tempo indeterminato possa ottenere l’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola nei casi in cui non possa ottenere quella agricola perché licenziato al termine dell’anno solare.



Preliminarmente si osserva che l’inquadramento previdenziale dei lavoratori segue, secondo un principio di carattere generale, la qualificazione del datore di lavoro e/o dell’impresa da cui essi dipendono. È, pertanto, considerato lavoratore agricolo colui che presta la propria opera presso un imprenditore agricolo che è, come definito dall’art. 2135 c.c., “[…] chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”.

 


Sotto il profilo della tutela previdenziale i lavoratori agricoli dipendenti sono assoggettati, alla stregua della generalità dei lavoratori subordinati nei settori produttivi non agricoli, all’obbligo dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti e all’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria.



Nei loro confronti, tuttavia, vige da sempre una disciplina speciale sia per quanto riguarda l’accertamento del rapporto di lavoro, la riscossione e la misura della contribuzione, sia per quanto riguarda le modalità di individuazione dei soggetti protetti e la certificazione della loro identità di assicurati. Tale disciplina, più avanti specificata, è strutturata in funzione della particolare modalità con cui si svolge il lavoro agricolo caratterizzato, come è noto, da precarietà e stagionalità.


Probabilmente in considerazione di queste intrinseche caratteristiche dell’attività lavorativa nel settore agricolo, il legislatore non ha ritenuto, nonostante le modifiche apportate nel tempo al sistema previdenziale, di compiere interamente l’armonizzazione e il coordinamento della disciplina dell’assicurazione per la disoccupazione agricola con le norme vigenti negli altri settori.



Ciò premesso, si indica di seguito il quadro normativo di riferimento per la tutela dei lavoratori agricoli dipendenti a tempo determinato e indeterminato, limitatamente a quanto qui di interesse.



In primo luogo, si richiama l’art. 32, co.1, lett. a), della legge 29 aprile 1949, n. 264, come sostituito dall’art. 1 del D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1049, che estende l’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria anche ai lavoratori agricoli. Tale disposizione stabilisce, infatti, che “L'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione e' esteso: a) ai lavoratori agricoli che prestano la loro opera retribuita alle altrui dipendenze, limitatamente alle categorie dei salariati fissi ed assimilati, obbligati e braccianti  fissi, giornalieri di campagna, piccoli coloni e compartecipanti familiari e individuali, […] agli stessi spetta l’indennità di disoccupazione qualora risultino iscritti negli elenchi di cui all’articolo 12 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, e successive modificazioni, […]”.



Per l’ipotesi, poi, in cui il lavoratore subordinato svolga attività lavorativa agricola e non agricola, l’art. 6 del D.P.R. 24 ottobre 1955, n. 1323, di approvazione del  Regolamento per l’esecuzione delle norme del Titolo III (tra cui il predetto art. 32) della citata  legge n. 264 del 1949, prevede, tra l’altro,  che “l’indennità di disoccupazione è concessa in conformità alle particolari disposizioni per i lavoratori agricoli contenute nella legge 29 aprile 1949, n. 264 e nel presente regolamento, oppure alle norme comuni dell’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria […] secondo che sia prevalente l’attività agricola o quella non agricola. La prevalenza è determinata dal numero dei contributi versati o dovuti nel biennio per ciascuna delle due attività”.

 



Anche l’art. 3  del D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1049, prevede  ai commi 3 e 4  che “i lavoratori addetti promiscuamente ad attività agricola e non agricola” [...] possono ottenere la prestazione in conformità delle norme della assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria, di cui al regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modificazioni e integrazioni, qualora per il biennio anteriore all’inizio del periodo di disoccupazione possano far valere una prevalente contribuzione per attività non agricola”.

 

Si ritiene opportuno richiamare anche l’art. 13 del D.Lgs.  11 agosto 1993, n. 375, relativamente alla cessazione dell’obbligo di compilazione degli elenchi nominativi per gli operai agricoli a tempo indeterminato. Detto articolo dispone che “A decorrere dal 1° gennaio 1994 cessa, per gli operai agricoli a tempo indeterminato, la compilazione degli elenchi nominativi di cui all’art. 12 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, e successive modificazioni ed integrazioni”. Sul punto si precisa che si è concretizzato un contenzioso amministrativo in cui i ricorrenti hanno sostenuto che,  con la previsione del citato art.13 sulla cessazione dell’obbligo di compilazione degli elenchi nominativi per gli operai agricoli a tempo indeterminato,  il legislatore avrebbe inteso escludere detti lavoratori dalla normativa in materia di disoccupazione prevista per il settore agricolo di cui all’art. 32 legge n. 264 del 1949  equiparandoli alla generalità dei lavoratori dipendenti.



In realtà l’art. 13 è invece una disposizione normativa contenuta nel predetto D.Lgs. n.375 del 1993 il quale attua “la razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell’agricoltura e dei relativi contributi”. La cessazione della compilazione degli Elenchi nominativi per gli operai agricoli a tempo indeterminato va, perciò, inquadrata nell’ambito della modifica dei sistemi di accertamento. Del resto, gli Elenchi nominativi non costituivano più la posizione assicurativa per gli OTI, perché l’art. 4 del Decreto Interministeriale 2 giugno 1982 – come precisato, peraltro, dalla circolare INPS n. 303 del 31 dicembre 1993 illustrativa del D.Lgs. n.375 del 1993 – nel disciplinare la posizione dell’operaio a tempo indeterminato, ha indicato come atto costitutivo della posizione stessa la certificazione annuale inviata agli Enti Previdenziali dagli Uffici Provinciali dello SCAU attestante i dati occupazionali e retributivi dell’anno precedente. Per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola, pertanto, già a partire dalle prestazioni in competenza 1982, l’attestazione del numero di giornate di occupazione dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato non è più fornita dagli elenchi nominativi ma direttamente dallo SCAU. Detta competenza, a seguito di soppressione dello SCAU, è stata successivamente attribuita all’INPS.



Si osserva peraltro che il D. lgs. n.375 del 1993, nell’insieme delle sue disposizioni, conferma l’appartenenza degli operai agricoli a tempo indeterminato al settore previdenziale agricolo.


I ricorsi amministrativi presentati in materia, pervenuti in secondo grado all’esame del competente Comitato Amministratore della Gestione per le Prestazioni Temporanee ai lavoratori dipendenti a seguito di sospensione della decisione di accoglimento assunta dai Comitati Provinciali, sono stati decisi in senso sfavorevole al ricorrente avendo ritenuto il Comitato GPT corretta l’interpretazione fornita dall’Istituto.  

 

Si evidenzia, poi, che l’intento del legislatore di mantenere una disciplina differenziata emerge anche con la recente legge di Riforma del mercato del lavoro n. 92 del 2012 che, pur “favorendo l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili e ribadendo il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato […]” e “rendendo più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento dell’occupabilità delle persone […]”, all’art. 2 “Ammortizzatori sociali”, il comma 3, dispone espressamente che “Le disposizioni di cui al presente articolo(Disposizioni relative all’Assicurazione Sociale per l’Impiego - ASpI) non si applicano nei confronti degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato, per i quali trovano applicazione le norme di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni, all'articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, all'articolo 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, e all'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e successive modificazioni.”

 



Si richiama, da ultimo, l’art. 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, il quale conferma l’esclusione dall’ambito di applicazione della indennità NASpI gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato disponendo che per gli stessi trovano applicazione le norme specifiche sopra richiamate nell’art. 2 co. 3 della legge n.92 del 2012.



Sulla base del quadro normativo illustrato e delle considerazioni fin qui esposte, al lavoratore agricolo OTD o OTI non può essere riconosciuta l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola di cui al R.D. n. 1827 del 1935 e s.m. se, nel biennio antecedente al licenziamento, può fare valere contributi contro la disoccupazione involontaria versati esclusivamente o prevalentemente nel settore agricolo.
Non si può parimenti applicare la normativa sulla disoccupazione in ambito ASpI e NASpI, nei confronti di un lavoratore che abbia svolto prevalentemente attività  agricola nel biennio (in caso di ASpI) o nel quadriennio o negli ultimi dodici mesi (in caso di NASpI), precedenti la cessazione del rapporto di lavoro.  L’applicabilità è infatti espressamente esclusa dalle sopra citate disposizioni di cui all’art. 2, co. 3, della legge n. 92 del 2012 e all’art. 2 del D. lgs. n. 22 del 2015.



Si precisa infine che nel caso di un lavoratore agricolo con qualifica di operaio a tempo indeterminato (OTI) che sia stato licenziato il 31 dicembre dell’anno di competenza della prestazione ed abbia svolto attività lavorativa per l’intero anno, non può essere erogata alcuna indennità di disoccupazione agricola in quanto - secondo la legislazione che regola la prestazione di disoccupazione nel settore agricolo - non residuano giornate indennizzabili (circ. INPS n.139 del 20/6/1988 esplicativa dell’art. 7, co. 4, del D.L. 21/3/1988 n. 86 convertito con modificazioni dalla legge 20/5/1988 n. 160).  Il lavoratore in questione potrebbe accedere all’indennità di disoccupazione NASpI qualora nel quadriennio o negli ultimi dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro possa fare valere contribuzione prevalente nel settore non agricolo.


 
IL DIRETTORE CENTRALE AMMORTIZZATORI SOCIALI
Maria Grazia Sampietro