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Versione Testuale
891005
SERVIZIO RISCOSSIONE
CONTRIBUTI E VIGILANZA
Circolare n.179......
AI DIRIGENTI CENTRALI E PERIFERICI
AI COORDINATORI GENERALI, CENTRALI E
PERIFERICI DEI RAMI PROFESSIONALI
AI PRIMARI COORDINATORI GENERALI E
PRIMARI MEDICO LEGALI
AI DIRETTORI DEI CENTRI OPERATIVI
e, per conoscenza,
AI CONSIGLIERI DI AMMINISTRAZIONE
AI PRESIDENTI DEI COMITATI REGIONALI
E PROVINCIALI
ACCERTAMENTI E VALUTAZIONE DELLA SUSSISTENZA DEL
RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO
SERVIZIO RISCOSSIONE
CONTRIBUTI E VIGILANZA
Roma, 8 agosto 1989
Circolare n.179......
                                AI DIRIGENTI CENTRALI E PERIFERICI
                                AI COORDINATORI GENERALI, CENTRALI E
                                PERIFERICI DEI RAMI PROFESSIONALI
                                AI PRIMARI COORDINATORI GENERALI E
                                PRIMARI MEDICO LEGALI
                                AI DIRETTORI DEI CENTRI OPERATIVI
                                e, per conoscenza,
                                AI CONSIGLIERI DI AMMINISTRAZIONE
                                AI PRESIDENTI DEI COMITATI REGIONALI
                                E PROVINCIALI
OGGETTO: ACCERTAMENTI E VALUTAZIONE DELLA SUSSISTENZA DEL
         RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO
    E' noto che, a decorrere dal 28 marzo 1989, data di
entrata in vigore della legge 9 marzo 1989, n. 88 concernente
la ristrutturazione dell'Istituto, i ricorsi relativi alla
sussistenza del rapporto di lavoro subordinato sono decisi in
via definitiva dai Comitati Regionali.
    Pertanto debbono essere avviati ai predetti Organi i
ricorsi concernenti:
- la mancata iscrizione o l'annullamento delle posizioni
  assicurative di persone denunciate dai datori di lavoro come
  dipendenti, per accertata inesistenza dei requisiti
  caratterizzanti il rapporto di lavoro subordinato;
- la mancata registrazione sulla posizione assicurativa, dei
  periodi lavorativi indicati nei modd. ECO/2M, per difetto di
  documentazione,
- l'addebito di contributi e conseguenti accessori, per
  accertata esistenza dei requisiti caratterizzanti il
  rapporto di lavoro subordinato.
    Per l'istruttoria dei ricorsi, le Sedi autonome di
produzione dovranno compilare e trasmettere alle Sedi
Regionali una relazione contenente i seguenti dati:
- generalita' o ragione sociale del datore di lavoro ed
  attivita' esercitata;
- generalita' ed eta' del lavoratore ed eventuale esistenza di
  vincolo di coniugio, parentela o affinita' e convivenza col
  datore di lavoro;
-   periodo cui si riferisce il rapporto oggetto del ricorso;
-   mansioni svolte ed eventuale titolarita' di cariche sociali;
- eventuali precedenti assicurativi del lavoratore,
  presentazione domanda di pensione o di autorizzazione ai
  versamenti volontari, iscrivibilita' nelle gestioni speciali
  dei lavoratori autonomi, o ad altre forme di previdenza
  (INPDAI, INPGI, CPDEL, etc.);
- natura e data del provvedimento adottato e motivazione di
  esso con illustrazione, in sintesi, dell'esito degli
  accertamenti esperiti;
-   eventuali osservazioni dell'Ispettorato del Lavoro;
-   breve sintesi delle controdeduzioni del ricorrente;
  osservazioni finali della Sede in merito al provvedimento
  IMPUGNATo.
    Alla relazione dovranno essere allegati il ricorso ed il
verbale di accertamento nonche' ogni altro documento che ha
dato luogo al provvedimento della Sede ovvero prodotto dal
RICORRENTE.
    In calce a tale relazione il settore di lavoro della Sede
Regionale addetto all'istruttoria dei ricorsi dovra' redigere
le proprie osservazioni e formulare proposta motivata di
conferma ovvero di riforma del provvedimento oggetto del
RICORSO.
    In relazione a tale decentramento, questa Direzione
Generale - ai fini della continuita' ed uniformita' dell'azione
amministrativa - ha ritenuto opportuno diramare la allegata
sintesi dei criteri seguiti nel precedente accentrato assetto,
per distinguere il lavoro subordinato dal lavoro autonomo e
per approfondire talune situazioni lavorative, piu' di altre
oggetto di interventi ispettivi e, quindi, fonte di copioso
contenzioso (rapporti lavorativi fra insegnanti e scuole
private; fra medici, biologi e, in genere, sanitari e case di
cura private, laboratori etc; fra parenti e/o affini).
    I criteri per la valutazione dei rapporti di lavoro
domestico sono stati diramati con la circolare n. 89 del 6
MAGGIO 1989.
                                  IL DIRETTORE GENERALE
La presente circolare nelle more della composizione
tipografica e della stampa, viene trasmessa via terminale per
consentirne l'immediata conoscenza ed applicazione.
                                               ALLEGATO
A) CRITERI DISTINTIVI IL LAVORO SUBORDINATO RISPETTO AL LAVORO
   AUTONOMO
    Per distinguere il rapporto di lavoro subordinato (locatio
operarum) dal rapporto di lavoro autonomo (locatio operis), la
giurisprudenza ha sempre posto maggior rilievo sull'oggetto
del contratto, se cioe' trattasi di promessa di una pura e
semplice attivita' di lavoro, ovvero di promessa di un
risultato. Non sempre - pero' - tale elemento distintivo e'
sufficiente e facilmente individuabile ai fini della diversa
qualificazione del rapporto. Ad esempio, il "risultato" nel
lavoro autonomo che fornisce servizi, a differenza di cio' che
accade nel lavoro autonomo che produce beni, non e' un opus in
senso materiale ma appunto un servizio o pluralita' di servizi.
    Cio' evidentemente puo' rendere difficile la discri-
minazione, secondo il criterio sopra citato, tra il contratto
che ha per oggetto la messa a disposizione di energie
lavorative e quello che ha per oggetto un'obbligazione di
risultato; soprattutto quando l'opus, nel nostro caso il
servizio, richieda una certa continuita' di prestazione.
    In definitiva, puo' verificarsi l'ipotesi di un lavoratore
autonomo che presta numerosi servizi pur ripetitivi a favore
dello stesso cliente e, viceversa, un lavoratore dipendente
che - a causa delle sue funzioni - assicuri certi servizi e
risultati in favore del proprio datore di lavoro alla stregua
di certi lavoratori autonomi.
    Si e' reso cosi' necessario ricorrere ad altri criteri
distintivi che, concomitanti, potessero maggiormente aiutare
l'operatore dell'Istituto.
    Tali ulteriori criteri sono stati individuati dalla
Giurisprudenza, che ha posto l'accento sulla subordinazione,
sull'inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale,
sulla volonta' concretamente manifestata dalle parti.
    A titolo esemplificativo si citano le seguenti massime:
- "il fondamentale elemento sintomatico del rapporto di lavoro
  subordinato e' la subordinazione, ossia il vincolo di natura
  personale che assoggetta il prestatore d'opera, limitandone
  la liberta', al potere direttivo del datore di lavoro" (Cass.
  12.8.82, n. 4582);
- "la distinzione tra contratto d'opera e contratto di lavoro
  subordinato e' fondata sul criterio dell'autonomia nel
  contratto d'opera; infatti il debitore da un lato svolge
  un'attivita' lavorativa del tutto indipendente, diretta al
  perseguimento di un risultato, cosiddetto opus, e dall'altro
  ha una sua organizzazione di lavoro, assolutamente estranea
  rispetto a quella del creditore; nel rapporto di lavoro
  subordinato il lavoratore invece non e' titolare di una
  propria organizzazione e si inserisce in quella del datore
  di lavoro, assumendo una posizione di subordinazione, con i
  conseguenti obblighi di collaborazione, fedelta' e
  disciplina" (Cass. 5.6.81);
- "per aversi subordinazione, quale elemento del rapporto di
  lavoro, non si richiede un vincolo di soggezione
  particolarmente intenso ed appariscente, potendo bastare
  anche un assoggettamento attenuato e discreto all'autorita'
  dell'imprenditore, specie quando si sia in presenza di
  lavoratore professionista, ne' costituisce, di per se',
  elemento idoneo per escludere un lavoro subordinato il fatto
  che il lavoratore presti la sua attivita' anche presso altre
  aziende" (Cass. 13.3.64, n. 543);
- "nel rapporto di lavoro subordinato il vincolo della
  subordinazione, che consiste nell'assoggettamento del
  prestatore d'opera alle direttive ed alla vigilanza
  dell'imprenditore, puo' assumere aspetti diversi in relazione
  alla natura delle mansioni ed alle condizioni in cui queste
  si svolgono e, nel caso delle cosiddette professioni
  liberali, tale vincolo resta, necessariamente, molto
  attenuato e non esclude una certa autonomia, iniziativa e
  discrezionalita' del dipendente" (Cass. 21.3.64, n. 542);
- "cio' che rileva ai fini del riconoscimento di un rapporto di
  lavoro subordinato e' l'inserzione del lavoratore nell'ambito
  strutturale dell'impresa ed il concretamento della
  prestazione non in un opus bensi' nel dispiego di energie
  fisiche ed intellettive per la realizzazione delle finalita'
  economico-produttive dell'azienda, il cui rischio ricade
  esclusivamente sul datore di lavoro, mentre non sono
  determinanti altri elementi quali la misura dell'autonomia
  di decisione accordata al prestatore d'opera, l'esclusivita'
  della prestazione in favore dello stesso datore di lavoro e
  la continuita' e la regolarita' dell'esecuzione della
  prestazione" (Cass. 7.4.82, n. 2158);
- "il principio per cui, ai fini della distinzione tra
  rapporto di lavoro autonomo e rapporto di lavoro
  subordinato, e' necessario aver riguardo all'effettivo
  contenuto del rapporto stesso, indipendentemente dal nomen
  iuris usato dalle parti, non implica che la dichiarazione di
  volonta' di queste in ordine alla fissazione di tale
  contenuto o di un elemento di esso, qualificante ai fini
  della suddetta distinzione, debba essere stralciata
  nell'interpretazione del precetto contrattuale e che non
  debba tenersi conto del reciproco relativo affidamento delle
  parti e della concreta disciplina giuridica del rapporto
  quale voluta dalle medesime nell'esercizio della loro
  autonomia contrattuale; pertanto, quando le parti, nel
  regolare i reciproci interessi abbiano dichiarato di voler
  escludere l'elemento della subordinazione, non si puo'
  pervenire ad una diversa qualificazione del rapporto se non
  si dimostra che, in concreto, l'elemento in questione si sia
  di fatto realizzato nello svolgimento del rapporto stesso"
  (Cass. 1432/1979; Cass. 2798/1983).
    E' altresi' da citare una recente sentenza della Suprema
Corte emessa proprio nei confronti dell'INPS, nelle cui
motivazioni in diritto e' sottolineato che la subordinazione
del lavoratore dipendente, che non puo' essere confusa con la
soggezione dell'appaltatore o del lavoratore autonomo alle
direttive ed ai controlli del committente, postula
l'inserimento del prestatore dell'attivita' lavorativa
nell'organizzazione imprenditoriale del datore di lavoro per
il raggiungimento dei fini produttivi di questo, ed e'
configurabile anche in mancanza di vincoli visibili e
dichiarati (orario di lavoro, codice disciplinare, ordini di
servizio) e nonostante l'intermittenza e la saltuarieta' delle
prestazioni lavorative:
    "cio' perche' e' pur sempre riscontrabile, nella varieta'
casistica, il dato costante di una funzione diretta
dell'attivita' lavorativa alla dinamica aziendale, il rapporto
per cosi' dire organico fra l'opera del lavoratore e lo
strumento produttivo dell'azienda" (Cass. n.
5363/19.12.85/1.9.86).
    Agli effetti della qualificazione esatta dei due tipi di
rapporto in argomento, oltre ai sopra riportati criteri di
fonte giurisprudenziale, puo' senz'altro risultare utile
l'acquisizione di riscontri concreti di aspetti e profili
specifici, ma rilevanti e caratterizzanti, quali ad esempio:
- il lavoratore subordinato non puo' "rifiutare" il lavoro
  affidatogli: verrebbe meno ad un suo precipuo dovere e
  sarebbe sanzionabile disciplinarmente. Il lavoratore
  autonomo puo' non accettare commissioni e limitare
  discrezionalmente il proprio lavoro.
  Vi sono sanzioni per inadempimento tipiche ed esclusive del
  rapporto di lavoro subordinato (le sanzioni disciplinari),
  la cui comminabilita' o meno in luogo di quelle di natura
  prettamente civilistica differenziano il vero rapporto fra
  LE PARTI;
- altra circostanza rilevante e discretiva e' senza dubbio la
  diversa destinazione o finalita' diretta delle prestazioni
  del soggetto lavoratore: nel lavoro subordinato il
  lavoratore si obbliga a collaborare con l'imprenditore
  nell'interesse diretto di quest'ultimo, ossia il fine
  dell'attivita' e' nell'impresa; nel lavoro autonomo il fine
  dell'attivita' professionale e' nello stesso lavoratore in
  relazione all'oggetto della sua attivita' professionale e
  solo indirettamente nell'imprenditore committente;
- in caso di malattia o infortunio del lavoratore subordinato,
  i rischi e le ripercussioni sul sistema produttivo sono a
  carico dell'imprenditore, mentre per il lavoratore autonomo
  i rischi economici e produttivi ricadono su quest'ultimo;
- la circostanza o situazione piu' significativa per
  caratterizzare specificamente il lavoro subordinato e
  distinguerlo da quello autonomo e' senza dubbio l'inserimento
  organico e continuativo del lavoratore nel ciclo produttivo
  e commerciale dell'impresa, o meglio nella struttura
  organizzativa dell'azienda. Se, in relazione all'attivita'
  sociale, la pianta organica o comunque la struttura
  dell'impresa prevedono una certa lavorazione e
  l'utilizzazione di una specifica unita' lavorativa per
  l'adempimento di essa, tale unita' - se utilizzata - deve
  considerarsi inserita nella struttura organizzativa
  dell'impresa, e non semplicemente eventuale o marginale.
  L'inserimento deve rivelarsi necessario al raggiungimento
  degli scopi sociali e alla realizzazione dell'oggetto e
  dell'attivita' dell'impresa, in cui il soggetto lavoratore
  diviene "elemento normale" di essa.
    La pluralita' dei criteri generali, nonche' degli aspetti
specifici sopra riassunti, dimostra che la dinamica economica
e culturale della societa' non si presta a qualificazioni
giuridiche astratte e che - pertanto - e' compito degli
operatori dell'Istituto accertare ed interpretare le
situazioni che effettivamente si realizzano, al fine di
applicare ad esse la rispettiva disciplina giuridica.
    In altri termini, poiche' criteri, elementi e circostanze,
e dagli operatori del diritto, implicano in ogni caso la
verifica della loro applicabilita' (o meno) alle situazioni
reali di volta in volta esaminate, il problema della
distinzione fra lavoro subordinato e lavoro autonomo si
traduce in un problema di ordine essenzialmente pratico ed
operativo e cioe' risolvibile soltanto attraverso la verifica
della rispondenza delle situazioni e dei rapporti concreti
agli schemi legali, da considerarsi - per la loro astrattezza
- come riferimenti o strumenti interpretativi.
    In tal senso e proprio con riferimento alle esigenze
operative istituzionali dell'Istituto l'attivita' degli
operatori dell'Istituto dovrebbe essere indirizzata
all'accertamento ed all'acquisizione degli elementi e
circostanze sopra indicati come profili specifici, da
utilizzarsi in aggiunta ai criteri distintivi individuati -
sul piano generale e dei principi - dalla dottrina e dalla
giurisprudenza e sopra riassunti.
    Inoltre, dall'attivita' di vigilanza dovrebbero trovare
opportuna chiarificazione e riscontro almeno altri due
aspetti, che appaiono pure essi rilevanti e caratterizzanti
agli effetti dell'esatta qualificazione dei rapporti, e cioe':
- la posizione dei prestatori d'opera o servizio, rispetto al
  Servizio Sanitario Nazionale;
- la posizione ed i comportamenti delle parti rispetto al
  vigente Ordinamento fiscale.
    Infatti, posizioni o rapporti lavorativi non possono
essere dedotti come autonomi (e non dipendenti) soltanto per
escludere gli obblighi assicurativi presso l'INPS previsti per
i lavoratori dipendenti, ma debbono risultare identicamente
dedotti e confermati a tutti gli altri effetti previsti
dall'Ordinamento.
    Altrimenti, anche dopo anni dall'instaurazione e dallo
svolgimento dei sottostanti rapporti, gli operatori
dell'Istituto potrebbero trovarsi di fronte - ad esempio - a
casi tutt'altro che infrequenti di soggetti che - da un lato -
deducendo l'autonomia delle loro prestazioni, potrebbero
eccepire la non soggezione all'imposizione contributiva di
pertinenza dell'INPS, sancita per i lavoratori dipendenti -
dall'altro - potrebbero, invece, non risultare in grado di
dimostrare uguale veste e conseguenti adempimenti rispetto ad
altre Istituzioni, come il Servizio Sanitario Nazionale ed il
FISCO.
    L'utilita', ai fini che interessano, di detto riscontro
della corrispondenza delle posizioni e dei rapporti non ad
unico effetto, bensi' a tutti gli altri effetti previsti
dall'Ordinamento, e' innegabile per tutte quelle categorie
caratterizzate da status professionali, acquisiti in virtu' di
iscrizione ad albi, elenchi etc., per il legittimo esercizio
di attivita' che la legge considera a priori non subordinate.
    La presunzione legale di attivita' autonoma viene invece a
mancare per quelle categorie professionali nuove ed emergenti,
per le quali non e' prevista l'iscrizione ad albi, elenchi
etc., e tale carenza rende indubbiamente piu' difficoltose, se
non vane, le suddette conferme e riscontri sotto molteplici
PROFILI.
    In ogni caso, in attesa che il diritto si adegui alla
realta' delle attivita' nuove ed emergenti, l'accertamento della
natura autonoma o subordinata delle attivita' stesse e' sempre
possibile, facendo ricorso a tutti gli altri strumenti
interpretativi sopra richiamati.
B) RAPPORTI LAVORATIVI CHE - PIU' DI ALTRI - SONO FONTE DI
   CONTENZIOSO
b.1)     RAPPORTI LAVORATIVI FRA INSEGNANTI E SCUOLE PRIVATE
    Agli effetti delle valutazioni che riguardano l'Istituto,
va tenuta presente la seguente massima che concerne
specificamente i rapporti lavorativi in argomento:
    "il nomen iuris usato dalle parti, la pattuita
applicabilita' del contratto collettivo di settore e categoria
nonche' dell'obbligo di fedelta' e la carenza di una specifica
previsione di poteri disciplinari del datore di lavoro non
impediscono di riconoscere natura subordinata al rapporto di
lavoro fra gli insegnanti di una scuola privata ed il titolare
di essa, allorche' i primi, partecipando ai consigli di classe,
provvedendo alla redazione dei registri, tenendo i rapporti
con i genitori degli alunni, svolgendo un corso annuale in
orari prestabiliti e venendo retribuiti in misura fissa -
indipendente dal numero degli alunni e da altre variabili del
loro lavoro - si trovino, percio' stesso, ad essere
funzionalmente inseriti nell'impresa scolastica, il cui
rischio di gestione grava esclusivamente sul detto titolare"
(Cass. sentenza n. 3042/8.5.1981).
b.2) RAPPORTI LAVORATIVI FRA MEDICI, BIOLOGI, ANALISTI,
     RADIOLOGI E, IN GENERE, SANITARI ISCRITTI AD ALBI
     PROFESSIONALI E CASE DI CURA PRIVATE, LABORATORI DI
     ANALISI ETC.
    Agli effetti delle valutazioni sulla natura subordinata o
meno di tali rapporti lavorativi, l'applicazione dei criteri
distintivi riassunti in via generale nel precedente punto A),
puo' risultare agevolata dall'acquisizione di riscontri o
elementi conoscitivi specifici.
    Ad esempio, va accertato:
- se il datore di lavoro coinvolga nei servizi o negli
  adempimenti affidati ai sanitari da lui qualificati
  autonomi, anche sanitari alle sue dipendenze (in caso
  positivo, la sussistenza dell'obbligo assicurativo potrebbe
  essere supportata dall'identica o analoga utilizzazione
  delle due categorie di sanitari);
- se il sanitario preteso come autonomo e non dipendente trovi
  limiti e condizionamenti nella realta' operativa e funzionale
  complessa in cui espleta il suo servizio (si allude, ad
  esempio, alla realta' di una Casa di Cura che deve assicurare
  ai degenti, ventiquattro ore su ventiquattro, interventi ed
  assistenza, per cui qualsiasi operatore - compreso il
  sanitario preteso autonomo - al momento in cui inizia la
  propria parte di detto ciclo di ventiquattro ore, non puo'
  che prendere atto delle estrinsecazioni del precedente
  servizio di altri operatori, quali interventi, diagnosi,
  referti, esami, terapie, rapporti etc. ed assolvere le
  proprie incombenze muovendo da quelle basi, senza poterle
  ignorare, venendo cosi' a costituire un'unita' lavorativa che
  ben difficilmente puo' essere considerata effettivamente
  autonoma ed avulsa dall'apparato e dall'organizzazione che
  fa capo alla Casa di Cura; ugualmente, biologi, analisti,
  radiologi, etc., occupati presso laboratori o studi, ben
  difficilmente possono essere considerati a rapporto
  libero-professionale, qualora risultasse che il supporto
  dell'organizzazione datoriale e cioe' l'efficienza e la
  disponibilita' sia dei mezzi tecnici sia del personale,
  appunto, di supporto, addetto cioe' ad incombenze di
  assistenza tecnica e di natura burocratica, come quelle
  relative agli impegni ed ai rapporti con i clienti, finisce
  per incidere sul "risultato" costituito da analisi,
  prelievi, esami radiografici, etc., nel senso che, ad
  esempio, tali prestazioni subiscono variazioni per fatti
  riferibili al datore di lavoro, come contingenti situazioni
  di assenza di detto personale di supporto o d'inefficienza o
  non piena disponibilita' dei mezzi tecnici);
- se gli atti cartacei che si riferiscono a servizi definiti
  di natura libero-professionale (diagnosi, referti, risultati
  di analisi ed esami, etc.) si presentino intestati e firmati
  dai medici, dai biologi, dagli analisti, dai radiologi,
  etc., considerati autonomi e non dipendenti, oppure se
  l'intestazione faccia capo alla Casa di Cura, al
  Laboratorio, allo Studio Professionale etc. (tale
  accertamento e' finalizzato all'individuazione del soggetto
  sul quale gravano i rischi di gestione);
- se ed in che cosa i suddetti atti cartacei differiscano da
  quelli analoghi, redatti da medici, biologi, analisti,
  radiologi, etc., alle dipendenze della Casa di cura, del
  Laboratorio, dello studio professionale etc.
    Relativamente ai rapporti lavorativi definiti di natura
libero-professionale dalle Case di cura private, e' da tener
presente quanto segue.
    A sostegno del ricorso a prestazioni autonome, viene
ricorrentemente addotto che determinati indirizzi o
specializzazioni di medicina non rientrano nell'oggetto
istituzionale della Casa di cura, ovvero che determinati posti
o adempimenti non sono organicamente previsti.
    Al riguardo, la presa in visione degli adempimenti
effettuati in ossequio della normativa vigente - che impone
alle Case di cura private gli atti formali relativi alla
pianta organica, alle specialita' ed ai servizi di medicina
assicurati, all'organizzazione interna (Direttore sanitario,
Direttore amministrativo, Primari) etc. - puo' agevolare le
conclusioni in ordine ad aspetti decisivi in materia di lavoro
subordinato, quali l'inserimento organico, l'essenzialita'
delle prestazioni per il raggiungimento dei fini
istituzionali, l'individuazione dei soggetti cui fanno capo i
poteri di controllo e di direzione e le corrispondenti
RESPONSABIlita'.
    Infine, per valutare la fondatezza di talune altre
eccezioni di parte, fra le piu' ricorrenti, possono essere
d'ausilio le sottoriportate affermazioni contenute in una
recente sentenza della Suprema Corte (n. 3356/28.5.1987),
emessa proprio con riferimento ad un rapporto di lavoro fra un
medico ed una Casa di cura privata.
- Sulla rilevanza del "nomen iuris" usato dalle parti:
    "nella qualificazione di un rapporto di lavoro come
autonomo o subordinato, il giudice non deve fermarsi all'esame
delle clausole contrattuali ed in particolare alla
considerazione del nomen juris usato dalle parti, ma deve
avere riguardo, al di fuori di ogni criterio formalistico,
all'effettiva natura e al reale contenuto del rapporto
medesimo ed alle modalita' di espletamento delle mansioni che
costituiscono l'oggetto della prestazione lavorativa".
- Sulla rilevanza dei Decreti Ministeriali, in base ai quali
  le Case di cura private possono instaurare "rapporti
  convenzionali con medici esterni":
    "quanto alla ....... doglianza, con cui i ricorrenti
lamentano che il Tribunale abbia ignorato l'esistenza dei
decreti ministeriali in materia, va osservato che i giudici di
appello, lungi dall'ignorare tali decreti, hanno
legittimamente evidenziato che essi prevedono e regolamentano
sia i rapporti di lavoro autonomo, sia i rapporti di lavoro
subordinati, ma che, nella specie, in concreto, l'attivita'
lavorativa del dott. ..................................................
........................................ andava, per le sue
    caratteristiche (orario di lavoro, dipendenza dal primario,
    inserimento nell'organizzazione tecnica e amministrativa della
    Casa di cura, mancanza di rischio economico ecc.) catalogata e
    ritenuta come attivita' di lavoro subordinato, a prescindere
    dal nomen juris dato dalle parti della convenzione, invero
    definita di "collaborazione libero-professionale".
- Sulla rilevanza dei Decreti Presidenziali che recepiscono
  accordi collettivi di categoria o di comparto:
    "ne' rilievo alcuno ha il secondo mezzo di annullamento,
afferente la pretesa erronea interpretazione degli accordi
collettivi 7.10.77 e 1.7.84. A prescindere dalla
considerazione che non e' censurabile in sede di legittimita'
l'interpretazione data dal giudice del merito a tali
contratti, se non sotto il profilo della violazione delle
norme di ermeneutica contrattuale o di un vizio della
motivazione, e' dato rilevare che tale doglianza e', in
sostanza, ripetitiva della prima. Vero e' che in tali contratti
e' previsto anche il lavoro autonomo, ma e' pur vero che, nel
caso di specie, il Tribunale con ampia e logica motivazione,
basandosi su indubbie risultanze probatorie, ha ritenuto che,
nonostante il nomen juris, la convenzione tra la casa di cura
ed il dott. ........ dissimulasse un vero e proprio rapporto
di lavoro subordinato".
- Sulle eccezioni basate sulla pretesa vanificazione delle
  norme relative al lavoro autonomo (art. 2222 c.c. e
  seguenti) e dell'istituto della "parasubordinazione":
    "circa il ................. motivo di ricorso, afferente
la pretesa violazione degli artt. 2094, 2229, 2232, 2233 cod.
civ., va osservato che il Tribunale, contrariamente a quanto
affermato dai ricorrenti, non ha affatto negato l'istituto
della parasubordinazione, ma ne ha soltanto escluso la
ricorrenza nel caso concreto, rilevando esattamente che il
dott. .......... dipendeva gerarchicamente non solo dal
Primario, ma anche dalla Direzione Sanitaria e dalla Direzione
Amministrativa, dalle quali riceveva ordini e direttive ed
alle quali doveva chiedere permessi per assentarsi o per
svolgere attivita' private (riservando una quota dei proventi
alla clinica); con un rapporto del tutto diverso da quello tra
medici specialisti convenzionati con l'INAM e l'INAIL".
b.3) RAPPORTI LAVORATIVI FRA SOCI E SOCIETA'
    Imprenditore (cioe' colui che esercita professionalmente
un'attivita' economica organizzata al fine della produzione o
dello scambio di beni e servizi - art. 2082 c.c. -) oltre che
una persona singola (fisica o giuridica) puo' essere una
societa', e cioe' un'entita' fondata sul contratto di societa'
(art. 2247 c.c.) definito come il contratto con il quale due o
piu' persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in
comune di un'attivita' economica allo scopo di dividerne gli
UTILI.
    Accennato alle societa' di fatto, e cioe' quelle sorte non
osservando le disposizioni di forma e pubblicita' previste
dalla legge ed alle societa' irregolari, e cioe' quelle in cui e'
stato, nel complesso, rispettato il procedimento di
costituzione e di pubblicita', che pero' e' carente in qualche
suo elemento o modalita', le societa' previste e disciplinate
dalla legge sono quelle di seguito elencate e distinte in
societa' a base personale, prive di personalita' giuridica, ed
in societa' a base di capitali, fornite di propria personalita'
giuridica e quindi, ben distinte dai soci.
SOCIETA' A BASE PERSONALE
1) Societa' semplice
    Tale forma di societa' non ha per scopo attivita'
commerciale o industriale. L'atto costitutivo non e' soggetto a
forme speciali. Salvo pattuizioni contrarie l'amministrazione
spetta a ciascun socio disgiuntamente dagli altri. Per le
obbligazioni sociali, oltre al patrimonio sociale, rispondono
personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e
per conto della societa'. Pur avendo un'autonomia patrimoniale,
non ha personalita' giuridica. La rappresentanza - in assenza
di contrarie disposizioni del contratto - spetta a ciascun
socio amministratore.
2)  Societa' in nome collettivo
    L'atto costitutivo deve essere depositato per l'iscrizione
presso l'Ufficio del registro delle imprese. E' una societa' a
base personale. Oltre al patrimonio sociale, tutti i soci
rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni
personalita' giuridica.
    I cenni che precedono inducono ad escludere la veste di
lavoratori subordinati ai soci di societa' di fatto e di
societa' irregolari nonche' ai soci amministratori o di
maggioranza di societa' semplici o di societa' in nome
collettivo, in quanto il vero e proprio lavoratore subordinato
e' un soggetto in posizione nettamente distinta da quella
dell'imprenditore o datore di lavoro e non e' esposto ad alcun
rischio d'impresa.
    Per quanto riguarda i soci non amministratori di societa'
semplici ed in nome collettivo (ove esista tale distinzione
tra amministratori e semplici soci) si fa presente, per
completezza di esposizionem che la Corte di Cassazione ha
ammesso - in via eccezionale - la riconoscibilita' del rapporto
di lavoro dipendente tra societa' di persone ed un proprio
socio, nell'unica ipotesi in cui questi risulti sottoposto al
controllo gerarchico di altro socio munito di supremazia e la
sua attivita' lavorativa non rientri, neanche in parte, nel
conferimento previsto dal contratto sociale:
- "il vincolo associativo non e' incompatibile con l'esistenza
  di un rapporto di lavoro subordinato tra medesimi soggetti e
  l'apprezzamento della sussistenza o meno di questo, in una
  determinata ipotesi costituisce oggetto di un giudizio di
  fatto, incensurabile in sede di legittimita', se motivato
  sufficientemente e con argomentazioni logicamente e
  giuridicamente corrette". (Cass. Sez. lav. 3,7,81, n. 4334);
- "nelle societa' di personem che non sono enti giuridici
  distinti dai singoli soci, un rapporto di lavoro subordinato
  fra la societa' ed uno dei soci (che assumendo la veste di
  dipendente non perde peraltro i diritti connessi alla
  qualita' di socio) e' configurabile, in via eccezionale, nella
  sola ipotesi in cui il socio presti la sua attivita'
  lavorativa sotto il controllo gerarchico di altro socio,
  munito di supremazia, e semprecche' la suddetta prestazione
  non integri un conferimento previsto dal contratto sociale"
  (Cass. Sez. Lav. 16.12.86, n, 7573 - Cass. Sez. Lav. 4.2.87,
  N. 1099;
- "nelle societa' in nome collettivo, che non sono enti
  giuridici distinti dalle persone dei singoli soci, e'
  configurabile, in via eccezionale, un rapporto di lavoro
  subordinato tra la societa' ed uno dei soci nella sola
  ipotesi in cui il socio presti la sua attivita' lavorativa
  sotto il controllo gerarchico di un altro socio, munito di
  supremazia, e semprecche' la prestazione non integri un
  conferimento previsto dal contratto sociale" (Cass. Sez.
  Lav. 9.9.81, n. 5066);
- "il rapporto di lavoro subordinato del socio e' compatibile
  con quello di societa' anche quando trattasi di societa'
  personale semprecche' il socio presti la sua attivita'
  lavorativa sotto il controllo gerarchico di altro socio
  munito di supremazia, e la prestazione non integri un
  conferimento previsto dal contratto" (Cass. Sez. Iø 9.6.83,
  N. 3948).
3)  Societa' in accomandita semplice
    Si basa sulla distinzione tra soci accomandanti, che
rispondono soltanto entro i limiti della quota di
partecipazione e non possono prendere parte
all'amministrazione, e soci accomandatari, che partecipano di
diritto all'amministrazione e rispondono senza limiti per le
obbligazioni sociali. Pur avendo una autonomia patrimoniale
non ha personalita' giuridica.
    Proprio per la netta distinzione dai soci accomandatari,
ai quali soltanto spetta l'amministrazione della societa' e
fanno carico, senza limiti, le responsabilita' ed i rischi
dell'attivita' sociale, puo' essere riconosciuta la veste di
lavoratori dipendenti ai soci accomandanti delle societa' in
accomandita semplice, che rischiano nell'attivita' sociale
soltanto la quota di partecipazione (purche' non contravvengano
al divieto di compiere atti di amministrazione, e purche' il
loro nome non figuri nella ragione sociale, nei quali casi ri-
sponderebbero illimitatamente e solidalmente verso i terzi e,
quindi, si troverebbero in posizione incompatibile con quella
di lavoratori dipendenti; inoltre, la normale subordinazione
dell'accomandante rispetto all'accomandatario - prevista dal
codice civile - diviene evanescente nel caso in cui
l'accomandante risulti titolare della maggioranza del capitale
SOCIALE).
SOCIETA' DI CAPITALI
    In tale categoria di societa' rientrano: le societa' per
azioni; le societa' in accomandita per azioni; le societa' a
responsabilita' limitata; le societa' cooperative e mutue
ASSICURAZIoni.
    La caratteristica comune a dette diverse forme societarie
e' costituita dal fatto che esse, con l'iscrizione nel registro
delle imprese, ottengono il riconoscimento di una loro
soggettivita' o personalita' giuridica, ben distinta da quella
dei soci che le costituiscono. L'iscrizione nel registro delle
imprese ha, pertanto, efficacia costitutiva.
    Cio' premesso, si riportano - in estrema ed elementare
sintesi - taluni cenni sui singoli tipi di societa' di
CAPITALI.
1)  Societa' per azioni
    Per le obbligazioni sociali, risponde esclusivamente la
societa' con il suo patrimonio, costituito dalle quote di
partecipazione dei soci, rappresentate da azioni e cioe'
frazioni del capitale sociale (la SPA, per procurarsi
capitali, puo' ricorrere alla emissione di "obbligazioni",
distinte dalle azioni perche' non rappresentano frazioni del
capitale sociale, bensi' altrettanti debiti della societa' per
cui i sottoscrittori sono soltanto dei creditori e non
assumono la veste di soci).
    La SPA deve costituirsi per atto pubblico e si manifesta
ed opera attraverso organi che sono:
- L'Assemblea degli azionisti, che nomina i titolari degli
  ALTRI ORgani;
- gli Amministratori, che possono essere anche non soci e che
  sono gli esecutori delle delibere dell'Assemblea. Se gli
  Amministratori sono piu' di uno si forma il Consiglio di
  Amministrazione. Il Presidente del Consiglio di
  Amministrazione e' nominato dallo stesso Consiglio quando non
  viene designato direttamente dall'Assemblea (2380 c.c.).
  Il Consiglio di Amministrazione puo' deliberare tutti gli
  atti sociali, conferendo poi la rappresentanza per
  l'esecuzione delle delibere al presidente (al quale spetta
  normalmente anche la rappresentanza della societa' in
  GIUDIZIO).
  Nel seno del Consiglio di Amministrazione puo' essere
  nominato un Comitato Esecutivo, oppure uno o piu' Consiglieri
  o Amministratori delegati con poteri di deliberazione e
  rappresentanza, se l'atto costitutivo o l'Assemblea lo
  CONSENTOno;
- il Collegio sindacale, cui e' demandato il controllo di
  legittimita' e di merito.
    La societa' per azioni deve tenere (oltre le scritture
contabili della impresa commerciale, il libro giornale, il
libro degli inventari, la corrispondenza ricevuta e spedita)
il libro dei soci, il libro delle obbligazioni, il libro delle
adunanze e deliberazioni assembleari (libro delle adunanze del
Consiglio di Amministrazione, del Comitato Esecutivo, degli
obbligazionisti).
    Deve compilare il Bilancio (prospetto riassuntivo della
situazione al giorno di chiusura dell'esercizio sociale
annuale; contiene il conto dei profitti e perdite,
accompagnati da una relazione degli amministratori della
gestione sociale).
2)  Societa' in accomandita per azioni
    Deve essere costituita per atto pubblico.
    I soci accomandatari conservano il diritto di amministrare
la societa' e nonostante la personalita' giuridica della
societa', sono esposti illimitatamente e solidalmente alle
responsabilita' derivanti dall'esercizio sociale che - verso i
terzi - sono sussidiarie, nel senso che possono essere fatte
valere soltanto dopo l'escussione del patrimonio sociale. Gli
accomandanti non versano quote ma sottoscrivono azioni e cio' e'
utile per un maggior ricorso al mercato monetario.
3)  Societa' a responsabilita' limitata
    Deve costituirsi per atto pubblico, che deve indicare il
numero degli amministratori ed i loro poteri, ed e' una forma
societaria adottata dalle societa' di piccole e medie
dimensioni. La societa' risponde, con il suo patrimonio, per le
obbligazioni sociali.
    Il capitale sociale non puo' essere costituito da azioni,
bensi' da quote di conferimento dei soci, che possono essere di
diverso importo e la ragione sociale deve indicare che
trattasi di societa' a responsabilita' limitata.
    Il Codice Civile estende alla S.r.l. varie norme dettate
per le societa' per azioni. La quota di capitale conferita dal
socio e' trasmissibile per atto tra vivi, per successione e puo'
formare oggetto di espropriazione da parte del creditore del
SOCIO.
4)  Societa' Cooperative
    Sono caratterizzate dalla variabilita' del capitale, in
quanto aperte alla partecipazione di chi appartiene alla
stessa categoria e dal fatto che non perseguono fini di
speculazione limitati ai soci costituenti, ma sono aperte a
tutti gli appartenenti alla categoria (hanno lo scopo
mutualistico di fornire a condizioni favorevoli beni o servizi
o occasioni di lavoro a chi appartenga ad una determinata
CATEGORIA).
    Possono aversi due tipi di societa' Cooperative: Soc.
Cooperative a responsabilita' illimitata (in caso di
liquidazione o di fallimento, i soci rispondono solidalmente
ed illimitatamente in via sussidiaria); Soc. Cooperative a
responsabilita' limitata (ciascun socio risponde
sussidiariamente e solo limitatamente alla quota). Tutte le
cooperative devono costituirsi per atto pubblico.
    La elementare sintesi che precede e' relativa al-
l'individuazione dei soggetti che possono assumere la veste di
datori di lavoro nei rapporti lavorativi svolgentisi nella
realta' socio-economica costituita dalle societa' di capitali.
    Per quanto riguarda l'individuazione del lavoratore
dipendente e cioe' dell'altra parte del rapporto lavorativo,
sussistono in dottrina ed in giurisprudenza incertezze
relative a talune posizioni esistenti ed operanti in seno alle
societa' di capitali.
    In rapporto a dette incertezze, sono stati elaborati e
applicati i criteri che seguono.
1) Attivita' prestata in favore delle societa' di capitali da
   semplici soci, cioe' soggetti non investiti di particolari
   mandati o poteri
    Il cumulo della qualita' di semplice socio con quella di
lavoratore subordinato e' ammesso, in via generale, sia per il
fatto che le societa' di capitali hanno una personalita'
giuridica distinta da quella dei soci, sia per il fatto che
delle obbligazioni sociali risponde la societa' e non i singoli
soci (a parte le responsabilita' dei soci accomandatari delle
societa' in accomandita per azioni e dei soci di cooperative a
responsabilita' illimitata in caso di liquidazione coatta
amministrativa o di fallimento della cooperativa, le cui
rispettive posizioni sono trattate nei successivi punti
concernenti gli amministratori - quali sono i soci
accomandatari - e gli enti cooperativistici).
    Cio' in via generale, in quanto - in pratica - dovra' essere
riscontrata la ricorrenza di tutti i requisiti tipici del
rapporto di lavoro subordinato (prestazione, retribuzione,
subordinazione, mancanza di rischio ecc.).
    In primo luogo la effettiva prestazione da parte del socio
di attivita' lavorative per la societa', deve essere diversa da
quella che svolge come socio e svolta sotto le effettive
direttive della societa' stessa (e quindi sotto le direttive
del socio o dei soci che ne hanno l'amministrazione e la
direzione); inoltre, la corresponsione della correlativa
retribuzione, quale compenso della attivita' lavorativa
prestata, deve consistere in una aggiunta alla normale quota
di partecipazione agli utili della societa' e distinta da detta
quota (agli effetti del riscontro della distinzione fra utili
e retribuzione di lavoro dipendente, puo' essere di ausilio la
documentazione attestante differenti adempimenti fiscali).
2) Attivita' prestata in favore delle societa' di capitali da
   soci o non soci, aventi la veste di amministratori
    Per stabilire se l'assolvimento di incarichi lavorativi da
parte di un amministratore possa costituire adempimento di un
contratto di lavoro dipendente, occorre accertare che il
soggetto preposto agli incarichi stessi sia fungibile, nel
senso che qualsiasi operatore manuale od intellettuale
potrebbe provvedere alle incombenze affidate
all'amministratore.
    Infatti, attivita' riservate esclusivamente agli investiti
di mandato di amministrazione, si riconnettono esclusivamente
alla posizione di amministratori dei soggetti che le svolgono
e cioe' alla posizione di soggetti non distinti bensi'
immedesimantisi con la societa' di capitali, quali suoi organi
o membri di organi (rapporto organico, all'interno dell'unico
soggetto esistente), mentre il lavoratore dipendente e' legato
al datore di lavoro da un rapporto caratterizzato dall'e-
sistenza di due soggetti distinti e contrapposti, e non di un
UNICO SOGGetto.
    Accertato che l'attivita' espletata da un amministratore
non rientra nel mandato sociale di cui e' investito, va
accertato altresi' se l'attivita' stessa sia resa in forma
subordinata e retribuita.
    La Magistratura ha ritenuto possibile, in alcuni casi, che
un amministratore di societa' possa assumere la veste di
dipendente della stessa, ogni qual volta l'amministratore,
nello svolgimento della sua attivita' lavorativa, sia
assoggettato al controllo ed al potere d'impero degli altri
organi della societa'. Fattispecie che puo' verificarsi ad
esempio, nel caso di lavoratori che vengono chiamati a far
parte dei Consigli di Amministrazione o dei Collegi sindacali
della societa' presso cui lavorano.
    Pertanto l'eventuale riconoscimento dell'esistenza
effettiva di un rapporto di lavoro subordinato va fatto caso
per caso, verificando la presenza di tutti i requisiti
necessari e propri del rapporto di lavoro stesso, sulla base
degli elementi concernenti:
a) la percezione di una retribuzione di misura predeterminata
   il cui pagamento avvenga mediante uno dei sistemi previsti
   dalle norme in vigore per i lavoratori subordinati e della
   quale sia previsto l'assoggettamento al regime fiscale
   applicato alla generalita' dei lavoratori dipendenti;
b) l'esistenza certa ed effettiva di controllo e di direzione
   da parte di altri organi sulla attivita' lavorativa del
   socio dipendente;
c) le origini del rapporto di amministrazione in capo
   all'interessato, anche in relazione ai poteri attribuitigli
   dallo statuto o dall'atto costitutivo, o dagli altri organi
   sociali che lo abbiano chiamato alla carica.
    Ad esempio, con riferimento al suddetto punto c),
considerate sia l'origine ex lege del rapporto di ammi-
nistrazione, sia la responsabilita' solidale ed illimitata
sancita dal codice civile nei confronti dei soci accomandatari
delle societa' in accomandita per azioni, costoro non possono
essere riconosciuti come lavoratori dipendenti, nonostante la
personalita' giuridica, propria e distinta da quella dei soci,
di cui e' dotata la societa'.
    Ugualmente, qualora da detti accertamenti, da svolgersi
caso per caso, emergesse che un lavoratore chiamato a far
parte del Consiglio di Amministrazione o del Collegio
sindacale detiene la maggioranza del capitale sociale, il
medesimo non potrebbe essere riconosciuto lavoratore
dipendente, nonostante la distinta personalita' giuridica della
societa' (infatti, un capitalista di maggioranza incide in modo
determinante sulla formazione della volonta' sociale, cui
dovrebbe - invece - essere in ogni caso soggetto).
3) Non riconoscibilita' del rapporto di lavoro subordinato per
   i Presidenti, gli Amministratori unici ed i Consiglieri
   delegati di societa' (esclusi gli Enti Cooperativistici).
    Diversa dalle precedenti ipotesi di Amministratore e',
infine, il caso di soggetto che rivesta una carica
amministrativa tale da rendere evanescente la posizione di
subordinazione rispetto agli altri.
    Questo e' il caso del Presidente, dell'Amministratore Unico
e del Consigliere Delegato.
    Quando questi infatti esprimono da soli la volonta' propria
dell'Ente sociale, come anche i poteri di controllo, di
comando e di disciplina, in veste di lavoratori essi
verrebbero ad essere subordinati di se stessi, cosa che non e'
giuridicamente possibile.
    Per essi pertanto, in linea di massima, e' da escludere
ogni riconoscibilita' di rapporto di lavoro subordinato e della
conseguente assoggettabilita' agli obblighi assicurativi.
4) Riconoscibilita' del rapporto di lavoro per i soci e per i
   Presidenti di Enti Cooperativistici.
    Per espresse disposizioni di legge di cui all'art.2 del RD
28 agosto 1924, n.1422, all'art.2 RD 7 dicembre 1924, n.2270,
ed all'art.1 del T.U. sugli Assegni Familiari n.797/55 e
successive modifiche, sono compresi fra i prestatori di lavoro
subordinato alle dipendenze di terzi, i soci di societa' e di
enti in genere cooperativi anche di fatto, che prestino la
loro attivita' per conto delle societa' e degli stessi enti.
    Tale impostazione e' stata confermata anche dal DPR 30
aprile 1970, n.602 (Riassetto previdenziale ed assistenziale
di particolari categorie di lavoratori soci di societa' ed enti
cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attivita' per
conto delle societa' ed enti medesimi), il cui art.2 stabilisce
testualmente che "si considerano organismi di fatto,
costituiti per il conseguimento degli scopi mutualistici
propri delle societa' cooperative, quelli per i quali
concorrono i seguenti requisiti:
a) organizzazione del servizio o distribuzione del lavoro da
   parte dell'organismo cooperativo;
b) conferimento all'organismo cooperativo del ricavato
   dell'attivita' svolta dai soci;
c) ripartizione del ricavato del lavoro fra tutti i soci
   secondo criteri determinati dallo statuto e dai regolamenti
   sociali o da patto sociale risultante da atto scritto;
d)  il numero dei soci non deve essere inferiore a tre;
e) i soci debbono esercitare effettivamente l'arte o il
   mestiere corrispondente alle attivita' per lo svolgimento
   delle quali l'organismo associativo e' stato costituito o
   attivita' tecnica accessoria; i soci addetti ad attivita'
   amministrative sono assicurati ai sensi del presente
   decreto a condizione che non superino il numero di uno per
   ogni dodici soci o frazione".
    Oltre che nei confronti dei soci addetti ad attivita'
amministrativa, alle condizioni e nei limiti specificati dalla
lettera e) del sopra riportato art.2 del DPR n.602 del
30.4.1970, le norme relative ai lavoratori subordinati sono
state sempre applicate dall'Istituto, sulla base di direttive
ministeriali, anche nei confronti dei Presidenti di
Cooperative la cui nomina non abbia comportato concreta e
sostanziale modificazione alla loro originaria posizione di
lavoratori, sia per quanto attiene alla normale attivita'
prestata per conto delle Cooperative, da essi rappresentate,
sia per quanto riguarda il trattamento economico e la riparti-
zione degli utili, che non devono differenziarsi da quelli
degli altri soci.
    Sulla base del verificarsi delle condizioni sopraddette,
pertanto, i Presidenti di tali Enti Cooperativistici sono
soggetti agli obblighi assicurativi come i lavoratori
subordinati e cio' costituisce eccezione a quanto riportato nel
precedente punto 3), relativamente ai Presidenti, agli
Amministratori Unici ed ai Consiglieri delegati.
b.4) ASSOCIAZIONI IN PARTECIPAZIONE
    A conclusione della sintetica esposizione che precede,
relativa ai rapporti lavorativi che si svolgono all'interno
dell'impresa gestita in forma societaria, appare utile
accennare al caso di prestazioni lavorative rese nell'ambito
di imprese non gestite in base al rapporto societario vero e
proprio, ma comunque costituenti manifestazioni del fenomeno
ASSOCIATIVo.
    Si allude alle "Associazioni in partecipazione", di cui
agli artt. 2549 e seguenti del codice civile.
    La disciplina dettata dal codice civile per le
associazioni in parola, consente le seguenti deduzioni:
- i rapporti fra associante ed associato non realizzano lo
  schema legale del vero e proprio rapporto associativo, in
  quanto la titolarita' dell'impresa e' attribuita dalla legge
  esclusivamente all'associante (art. 2549), al quale spetta
  altresi' la gestione dell'impresa stessa o dell'affare (art.
  2252);
- i rapporti fra associante ed associato non sono nemmeno
  riconducibili allo schema legale del rapporto di lavoro
  subordinato, quantomeno in via generale e di principio
  (infatti: l'associante non e' completamente libero
  nell'organizzazione dell'impresa, come comprovato sia dalla
  rilevanza del consenso degli associati per attribuire altre
  partecipazioni alla stessa impresa sia dalla possibilita' di
  controlli dell'associato sulla gestione o sugli affari e dal
  diritto dell'associato medesimo al rendiconto (artt. 2550 -
  2552 c.c.); l'associato - di norma, visto che occorre una
  specifica esclusione con patto contrario - partecipa alle
  perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili,
  ovviamente entro i limiti del suo apporto; in definitiva,
  nessun vero e proprio lavoratore dipendente puo' vantare nei
  confronti del proprio datore di lavoro le suddette
  prerogative e diritti propri dell'associato e nessun vero
  dipendente e' esposto ai rischi dell'impresa, mentre
  l'associato e' normalmente esposto alle perdite e, anche
  quando non lo sia, la sua partecipazione agli utili dipende
  dall'andamento dell'impresa).
    Le sopra riassunte differenziazioni fra contratto di
associazione in partecipazione e contratto di lavoro
subordinato sono state confermate dalla S.C. di Cassazione (v.
ad esempio Sentenza n. 6750/22.12.1981).
    La stessa Suprema Corte (v. ad esempio Sentenza n.
383/1.2.1975) non ha escluso che lo stesso soggetto possa
assumere la doppia veste di associato e di lavoratore
subordinato, ma al riguardo si osserva che l'ammessa ipotesi
di concorrenza o coincidenza di elementi del rapporto di
lavoro subordinato con quelli dell'associazione in
partecipazione conferma l'impostazione di fondo secondo la
quale l'esistenza o meno del rapporto di lavoro dipendente e'
sempre una "quaestio facti", come tale risolvibile soltanto
caso per caso e con riferimento ai contenuti e agli elementi
concreti del rapporto di volta in volta preso in esame.
    In ogni caso, la disciplina dettata dal codice civile e la
giurisprudenza senz'altro prevalente supportano le sopra
riassunte conclusioni negative circa la natura subordinata o
meno delle prestazioni lavorative dell'associato.
C)  RAPPORTI LAVORATIVI FRA PARENTI E/O AFFINI
    I rapporti lavorativi fra coniugi, parenti entro il terzo
grado od affini entro il secondo grado, possono configurare -
agli effetti che interessano l'Istituto - le situazioni di
seguito descritte:
- rapporto di lavoro subordinato, soggetto alla assicurazione
  generale obbligatoria;
- rapporto di collaborazione nell'ambito dell'impresa
  familiare, soggetto all'assicurazione obbligatoria nelle
  gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
- rapporto di collaborazione familiare privo di tutela
  previdenziale per mancanza delle condizioni di assi-
  curabilita' nelle predette assicurazioni obbligatorie.
1)  RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO SVOLTO NELL'IMPRESA
    Secondo l'art.2094 del Codice Civile e' prestatore di
lavoro subordinato chi si obbliga, mediante retribuzione, a
collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro
intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione
dell'imprenditore.
    Per stabilire, nella singola fattispecie, se il rapporto
tra datore di lavoro e familiare realizzi lo schema
legislativo delineato dal citato art. 2094 del codice civile,
soccorre la consolidata giurisprudenza della Corte di
Cassazione, relativa proprio ai rapporti di lavoro tra
strettissimi parenti ed affini sia conviventi che non
CONVIVENTI.
    A titolo esemplificativo si riportano alcuni pro-
nunciamenti della Suprema Corte:
- nel caso di prestazioni lavorative rese fra persone
  conviventi legate da vincolo di parentela o di affinita' le
  prestazioni stesse si presumono gratuite e non ricollegabili
  ad un rapporto di lavoro. Tale presunzione puo' essere vinta
  dalla dimostrazione, incombente alla parte che sostiene
  l'esistenza di un rapporto di lavoro, dei requisiti della
  subordinazione e dell'onerosita' delle rispettive
  prestazioni, ma deve trattarsi di prova precisa e rigorosa
  non evincibile dalla sola circostanza che le attivita' in
  questione anziche' svolgersi nello stretto ambito della vita
  familiare e comune, attengano all'esercizio di un'impresa,
  qualora questa sia gestita ed organizzata con criteri
  prevalentemente familiari, di per se' soli non compatibili
  con l'entita' economica dell'intrapresa e con le sue
  empiriche variabili strutturali ed organizzative." (Cass.
  Sentenza n.1880/20.3.1980);
                           - 2 -
  la presunzione di gratuita' delle prestazioni lavorative rese
  fra persone legate da vincoli di parentela - per il
  superamento della quale e' necessaria la prova precisa e
  rigorosa dell'onerosita' delle prestazioni stesse - sussiste
  anche nel caso di attivita' lavorativa eseguita nell'ambito
  di un'impresa, qualora questa sia gestita ed organizzata,
  strutturalmente ed economicamente, con criteri
  prevalentemente familiari, e non quando l'impresa abbia
  notevoli dimensioni e per quanto condotta da familiari sia
  amministrata con criteri rigidamente imprenditoriali."
  (Cass. Sentenza n. 2660/28.4.1984);
  nel caso in cui i soggetti del rapporto di lavoro siano
  conviventi le relazioni di affetti familiari di parentela e
  di interessi tra essi esistenti giustifica la presunzione di
  gratuita', mentre, nell'ipotesi di soggetti non conviventi
  sotto lo stesso tetto, ma appartenenti a nuclei familiari
  distinti ed autonomi, tale presunzione cede il passo a
  quello di normale onerosita' del rapporto superabile con la
  dimostrata sussistenza di sicuri elementi contrari." (Cass.
  Sentenza n.3287/19.5.1986).
    I criteri ricavabili dalle riportate pronunce giu-
risprudenziali trovano principale applicazione nei rapporti
instaurati nell'ambito delle imprese individuali, delle
societa' di persone e delle attivita' non rientranti nel
concetto di impresa (ad esempio, studi professionali). Minore
applicazione possono avere nei confronti delle societa' di
capitali, salve particolari situazioni da valutare di volta in
volta, in quanto la figura del datore di lavoro si identifica
nella societa' e non nella persona degli amministratori.
    Non sono applicabili alle imprese familiari, nelle quali
non e' ravvisabile il requisito della subordinazione.
2) IMPRESA FAMILIARE
    L'art. 230 bis del codice civile, introdotto dall'art. 89
della legge 19.5.1975, n. 151 ha delineato la figura
dell'impresa familiare, intendendo quella nella quale
collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli
affini entro il secondo grado. La norma in questione
stabilisce, al di fuori dello schema del rapporto di lavoro
subordinato o societario, che il familiare che presta in modo
continuativo la sua attivita' di lavoro nella famiglia o
nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la
condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili
dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonche'
agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento,
in proporzione alla quantita' e qualita' del lavoro prestato. Le
decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi
nonche' quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli
indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono
adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano
all'impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che
non hanno la piena capacita' di agire sono rappresentati nel
voto da chi esercita la potesta' su di essi.
    Il lavoro della donna e' considerato equivalente a quello
dell'uomo. La prestazione di attivita' del coniuge, parente od
affine nell'ambito dell'impresa familiare, non sussistendo i
requisiti del lavoro dipendente, non puo' essere assoggettata
tutela stabilita dalla vigente legislazione a favore dei
lavoratori autonomi, per le imprese artigiane o commerciali
soggette ai rispettivi regimi assicurativi.
3) LAVORO PRESTATO NELL'AMBITO DI IMPRESE SOGGETTE ALL'OBBLIGO
   ASSICURATIVO NELLE GESTIONI SPECIALI DEI LAVORATORI
   AUTONOMI
ARTIGIANI
    Sono iscritti all'apposita gestione speciale del-
l'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed
I SUPERSTIti:
- i titolari ed i contitolari delle imprese artigiane che
  lavorano professionalmente nell'impresa;
- i familiari coadiuvanti, cioe' il coniuge ed i parenti del
  titolare o del contitolare, che lavorano abitualmente e
  prevalentemente nell'impresa artigiana.
    Sono considerati familiari coadiuvanti:
- IL CONIUge;
-   i figli legittimi o legittimati, adottivi ed affiliati;
- i figli naturali legalmente riconosciuti o giudizialmente
  dichiarati; i figli nati da precedente matrimonio dell'altro
  coniuge e i minori regolarmente affidati;
- i nipoti in linea retta;
- i fratelli e le sorelle;
- gli ascendenti e gli equiparati ai genitori (gli adottanti,
  gli affilianti, il patrigno e la matrigna).
    I familiari sopraindicati non sono iscritti al-
l'assicurazione per gli artigiani quando, per le modalita' di
svolgimento dell'opera, devono essere considerati lavoratori
dipendenti o apprendisti e, come tali, iscritti
nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la
vecchiaia ed i superstiti.
    Poiche' per essere iscritti all'apposita gestione speciale
e' necessario svolgere un lavoro presso una impresa artigiana,
si indicano di seguito le caratteristiche che distinguono tali
IMPRESE.
    Sono artigiane le imprese che hanno le seguenti
CARATTERIStiche:
- producono beni o prestano servizi di natura artistica od
  usuale: per lavorazioni usuali si intendono le lavorazioni
  considerate tradizionalmente artigiane (falegname, sarto,
  idraulico, fabbro, ecc.);
- sono organizzate ed operano con il lavoro professionale,
  anche manuale, del titolare e, eventualmente, con quello dei
  suoi familiari (la semplice direzione tecnica e
  amministrativa dell'azienda, l'acquisto delle merci, la
  tenuta dei rapporti con le banche, non costituiscono
  partecipazione diretta al lavoro tale da dare diritto al
  riconoscimento della qualifica artigiana);
- il titolare ha la piena responsabilita' dell'azienda e assume
  tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla direzione e alla
  GESTIONE;
- non hanno un numero di dipendenti superiore a quello
  previsto dalla norma di legge in relazione al tipo di
  attivita' e alle modalita' di svolgimento dell'opera
  (lavorazione in serie o non in serie).
    Le imprese costituite in forma di societa' in nome
collettivo e le imprese cooperative possono essere considerate
artigiane solo se la maggioranza dei soci partecipa
personalmente al lavoro nell'impresa e il lavoro ha funzione
preminente sul capitale.
    In nessun caso sono considerate artigiane le imprese
costituite in forme di societa' per azioni, a responsabilita'
limitata, in accomandita semplice, in accomandita per azioni.
COMMERCIANTI
    Sono iscritti all'apposita gestione speciale del-
l'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed
i superstiti gli esercenti attivita' commerciali e turistiche e
gli ausiliari del commercio (rientrano nella categoria degli
ausiliari del commercio gli agenti e rappresentanti di
commercio iscritti nell'apposito ruolo istituito con legge
12.3.1968, n. 316; gli agenti aerei, gli agenti marittimi; gli
agenti delle librerie e di stazione; i mediatori iscritti
negli appositi ruoli delle camere di commercio; i pro-
pagandisti e i procacciatori di affari; i commissionari di
commercio; i titolari di istituti di informazione, ecc.) che:
- siano titolari o gestori in proprio di imprese organizzate
  prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la
  FAMIGLIA;
- abbiano la piena responsabilita' dell'impresa ed assumano
  tutti gli oneri e i rischi relativi alla sua gestione;
- partecipino personalmente al lavoro aziendale e con
  carattere di abitualita' e prevalenza;
- siano autorizzati, a norma di legge, all'esercizio
  DELL'ATTivita'.
    Sono inoltre iscritti all'assicurazione obbligatoria i
familiari coadiutori degli esercenti attivita' commerciali e
turistiche e degli ausiliari del commercio a condizione che
partecipino al lavoro aziendale con carattere di abitualita' e
PREVALENZA.
    Per i familiari coadiutori si intendono:
-   IL CONiuge;
-   i figli legittimi o legittimati, adottivi ed affiliati;
- i figli naturali legalmente riconosciuti o giudizialmente
  dichiarati; i figli nati da precedente matrimonio dell'altro
  coniuge e i minori regolarmente affidati;
- i nipoti in linea retta;
- i fratelli e le sorelle;
- gli ascendenti e gli equiparati ai genitori (gli adottanti,
  gli affilianti, il patrigno e la matrigna).
    Se i predetti familiari sono preposti a punti di vendita
sono iscritti all'assicurazione obbligatoria anche quando il
titolare dell'azienda non ha i requisiti per l'iscrizione (ad
es. perche' non svolge in modo prevalente attivita'
COMMERCIALe).
    Nel caso in cui l'attivita' commerciale sia svolta in forma
di societa', sono iscrivibili all'assicurazione, purche' in
possesso dei requisiti sopra specificati:
- i soci di societa' in nome collettivo e i loro familiari
  COADIUTOri;
- i soci di societa' di fatto e i soci accomandatari di societa'
  in accomandita semplice; i soci accomandanti delle societa'
  in accomandita semplice che siano familiari coadiutori degli
  ACCOMANDatari.
    In nessun caso possono invece essere iscritti i soci e gli
amministratori delle societa' a responsabilita' limitata, delle
societa' per azioni e delle societa' in accomandita per azioni.
    Sulla base di quanto precede, possono essere formulate le
seguenti conclusioni
1) RAPPORTO DI LAVORO PRESTATO NELL'AMBITO DI IMPRESE
   INDIVIDUALI, SOCIETA' DI PERSONE E STUDI PROFESSIONALI
    Nei casi in cui i soggetti del rapporto denunciato da
imprese individuali o studi professionali siano coniugi,
parenti entro il 3ø grado ed affini entro il 2ø grado
conviventi del datore di lavoro, il rapporto si presume
gratuito e quindi escluso dall'obbligo assicurativo, senza
necessita' di accertamenti da parte dell'Istituto, se le parti
non forniscono prove "rigorose", cioe' non soltanto formali, ma
convincenti nel loro complesso, dell'onerosita' del rapporto
stesso e della sua natura subordinata.
    Qualora non sussista convivenza ne' comunione di interessi,
il rapporto si presume oneroso e quindi, soggetto all'obbligo
assicurativo, alla stregua dei rapporti fra estranei, salva la
facolta' dell'Istituto di procedere ad accertamenti.
    Nei casi di vincoli di coniugio, parentela entro il 3ø
grado o di affinita' entro il 2ø grado e di convivenza tra il
lavoratore dipendente ed uno dei soci di societa' di fatto o di
persone, l'elemento della subordinazione non puo' essere
escluso nei confronti degli altri soci. Occorre, pertanto,
conoscere l'apporto di capitali dei vari soci per stabilire se
il socio legato al lavoratore dai predetti vincoli familiari,
risulti socio di maggioranza ovvero amministratore unico della
SOCIETa'.
    In caso affermativo il rapporto di lavoro ancorche'
intercorso con la societa', puo' ritenersi prestato a titolo
gratuito e, quindi, non assicurabile.
    Per i familiari assicurati come dipendenti da parte di
aziende soggette all'obbligo assicurativo nelle gestioni
speciali dei lavoratori autonomi, e' opportuno procedere - caso
per caso - alla verifica della situazione di fatto, non
potendosi in via di principio, escludere l'esistenza delle
condizioni per la convalida di un rapporto di lavoro
SUBORDINATo.
    (Utile elemento di valutazione puo' essere, ad esempio,
l'iscrizione di familiare in concomitanza con periodi di
astensione obbligatoria per maternita'; il rapporto tra
contribuzione versata e conguagli passivi per l'Istituto,
ECC.).
    Qualora non sussistano i requisiti per la convalida del
rapporto subordinato, ma risultino le condizioni per
l'assoggettabilita' all'assicurazione nelle gestioni speciali
dei lavoratori autonomi, le Sedi dovranno segnalare la
situazione alle competenti Commissioni per gli ulteriori
ADEMPIMENTi.
2) DIPENDENTI DA SOCIETA' DI CAPITALI
    Per i lavoratori legati da vincoli di coniugio, parentela
o affinita' con soci amministratori ovvero soci di maggioranza
di societa' di capitali, in via generale il rapporto di lavoro
puo' essere convalidato in quanto il rapporto stesso intercorre
con le societa' e non con i singoli soci.
    E' peraltro necessario verificare il concreto assetto
della societa' al fine di accertare se nel caso di specie
sussistano le condizioni per il riconoscimento di un vero e
proprio rapporto di lavoro subordinato (ad esempio se vi siano
due soli soci, entrambi parenti conviventi o se il parente
convivente del lavoratore sia titolare di tutti i poteri
sociali o abbia la maggioranza delle azioni o delle quote
sociali, il rapporto, ancorche' intercorso con la societa', non
e' convalidabile).
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