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Messaggio numero 2161 del 29-05-2018


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Direzione Centrale Organizzazione e Sistemi Informativi
Roma, 29-05-2018
Messaggio n. 2161
OGGETTO:

Gestione Pubblica – Chiarimenti obblighi contributivi e valutazione ai fini pensionistici e previdenziali (TFS/TFR) del periodo trascorso in sospensione cautelare per i lavoratori per i quali pende un giudizio innanzi all’autorità giudiziaria

   

Con la circolare n. 6/2014 recante “Retribuzioni imponibili ai fini contributivi  - Gestione Dipendenti Pubblici: categorie reddituali – imponibili nelle aspettative senza assegni – imponibili ai fini della Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali – maggiorazioni e tetti retributivi – conguaglio contributivo annuo” l’Istituto, nell’effettuare una ricognizione delle disposizioni relative alla Gestione pubblica, tra i redditi imponibili ai fini pensionistici indica anche l’assegno alimentare corrisposto durante il periodo di sospensione cautelare per procedimento giudiziario in corso (cfr. paragrafo 8 della citata circolare).

 

Con tale indicazione l’Istituto ha inteso estendere alla Gestione pubblica la regola vigente per le pensioni della Gestione privata in tema di imponibilità ai fini pensionistici dell’assegno di cui trattasi, modificando, in tal modo, il precedente orientamento dell’INPDAP che, nell’ambito delle gestioni pensionistiche pubbliche, non riteneva imponibile l’assegno alimentare erogato nei periodi di sospensione cautelare, anche dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 314/1997.

 

Facendo seguito alla circolare n. 6/2014, con il presente messaggio si forniscono ulteriori chiarimenti e indicazioni in ordine agli adempimenti e alle modalità di regolarizzazione, da parte del sostituto di imposta/datore di lavoro, per i periodi di sospensione cautelare che si collocano nei periodi retributivi a decorrere da febbraio 2014 e che sono collegati a fatti per i quali pende un giudizio innanzi all’autorità giudiziaria.

 

La disciplina della sospensione cautelare e la misura del trattamento erogato si rinvengono, per gli impiegati pubblici, in fonti normative generali (tra le quali, d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; legge 7 febbraio 1990, n. 19; d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165; legge  27 marzo 2001, n. 97), in disposizioni speciali per alcune categorie di lavoratori, come per il personale delle Forze armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare - di seguito personale militare (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66), nonché in disposizioni dei CCNL per il personale contrattualizzato.

 

Si evidenzia che le contribuzioni riscosse per i periodi di sospensione cautelare per procedimento giudiziario in corso potranno essere valutate ai fini del diritto e della misura del trattamento pensionistico solo a seguito del provvedimento di “restitutio in integrum” del datore di lavoro, che riqualifichi il periodo di sospensione cautelare rendendolo utile come precisato nel successivo paragrafo 5.1.

 

1.          Carattere provvisorio della sospensione cautelare discrezionale

 

Considerato che la sospensione cautelare disposta in via discrezionale dal datore di lavoro è una misura provvisoria, per definire la valutabilità dei periodi in questione è necessario attendere la decisione definitiva dell’Amministrazione di appartenenza (cfr.art. 653 c.p.p. e art. 55-ter del d.lgs. n. 165/2001), decisione che consente di regolare in modo stabile il rapporto tra Amministrazione e lavoratore (cfr. sentenza conformedel Consiglio di Stato, Ad. plenaria, n. 8 del 6 marzo 1997).

 

La sospensione cautelare non ha natura sanzionatoria, essendo tesa a tutelare  i tipici interessi amministrativi di credibilità dell’Amministrazione e di fiducia dei cittadini nelle istituzioni e negli apparati pubblici, interessi riconducibili nell’ambito del principio costituzionale di buon andamento dell’attività della pubblica Amministrazione (cfr. C. Cost., 3 giugno 1999, n. 206, in materia di costituzionalità della sospensione obbligatoria dei pubblici impiegati ex art. 15, comma 4-septies della legge n. 55/1990).

 

Quando il lavoratore non è colpito da misure restrittive della libertà personale o la sospensione obbligatoria dal servizio non sia prevista da alcuna fonte normativa, il datore di lavoro ha solo la facoltà di sospendere il dipendente in relazione ai fatti contestati. In particolare, per i casi in cui pende un procedimento giudiziario, il datore di lavoro, se ritiene di non disporre di elementi sufficienti per irrogare la sanzione, dopo aver avviato il procedimento disciplinare può sospenderlo in attesa della definizione del procedimento penale e disporre in via cautelativa la sospensione del dipendente.

 

2.    Imponibilità dell’assegno alimentare erogato durante il periodo di sospensione cautelare per procedimento giudiziario

 

Il dipendente sospeso cautelativamente dal servizio è privato dello stipendio. Durante il periodo di sospensione è prevista la corresponsione di un assegno alimentare, la cui misura è stabilita da disposizioni legislative ovvero dai CCNL. In linea generale tale assegno non è superiore alla metà dello stipendio stesso, oltre gli assegni per carichi di famiglia, fatte salve specifiche indicazioni.

 

Nella circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997, al punto 1.5, il Ministero dell’economia e delle finanze precisa che ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR) l’assegno alimentare, corrisposto ai dipendenti sospesi in via cautelare dal servizio e per i quali pende giudizio innanzi all’autorità giudiziaria, costituisce reddito di lavoro dipendente e, come tale, è assoggettato alla relativa tassazione.

 

La richiamata circolare n. 6 del 16 gennaio 2014 al paragrafo 8 chiarisce, richiamando la predetta circolare del Ministero dell’economia e delle finanze, che anche per i lavoratori iscritti alle Casse pensionistiche della Gestione Pubblica l’assegno alimentare, erogato nel caso di sospensione cautelare per procedimento giudiziario in corso, è imponibile ai fini pensionistici, ai sensi dell’articolo 6 del d.lgs. n. 314/1997.

 

Da tale circostanza consegue che l’assegno alimentare in argomento è imponibile anche ai fini della gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e dell’assicurazione sociale vita (ex ENPDEP).  Analogamente, l’assegno è imponibile ai fini dell’assistenza magistrale (ex ENAM).

 

L’assegno alimentare non è imponibile, invece, ai fini previdenziali, per i dipendenti civili iscritti alle gestioni ex INADEL ed ex ENPAS. L’assegno alimentare non rientra infatti tra gli elementi della retribuzione contributiva utile ai fini del TFS, così come definita dagli articoli 4 e 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall’articolo 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032.

 

Parimenti, anche in tema di TFR, detto assegno non è ricompreso tra gli emolumenti utili di cui all’articolo 4 dell’”Accordo quadro nazionale in materia di trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare per i dipendenti pubblici”, sottoscritto il 29 luglio 1999 e richiamato dal d.P.C.M. del 20 dicembre 1999, né nei contratti collettivi nazionali del pubblico impiego.

 

 

3. Valutabilità dei periodi di sospensione cautelare ai fini dei trattamenti pensionistici e ai fini delle prestazioni di fine servizio (TFS/TFR)  

 

Le disposizioni in materia di imponibilità degli assegni erogati durante i periodi di sospensione cautelare per procedimento giudiziario in corso non comportano, tuttavia, la valutabilità dei periodi per le prestazioni relative alle casse pensionistiche dei dipendenti pubblici (CPDEL, CPI, CPS, CPUG, CTPS).

 

Si fa riferimento, in particolare, a quanto disposto dall’articolo 50, comma 2, del R.D.L. 3 marzo 1938, n. 680 - Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli Enti locali, ai sensi del quale “i periodi di tempo trascorsi [...] in sospensione dall’impiego non sono calcolati”. In senso analogo si richiamano le norme seguenti:

 

  • articolo 26 della legge 6 febbraio 1941, n. 176, “Ordinamento del Monte-pensioni per gli insegnanti elementari;
  • articolo 45 della legge 6 luglio 1939, n. 1035, “Approvazione dell'Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni dei sanitari”;
  • articolo 21 del R.D. 12 luglio 1934, n. 2312, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative sull'ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni degli ufficiali giudiziari”;
  • articolo 8 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, “Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”.

 

In sintesi, per i dipendenti civili iscritti alla Gestione pubblica i periodi di sospensione cautelare per procedimento giudiziario in corso non possono essere considerati utili ai fini pensionistici, ancorché sussista l’obbligo di versare i relativi contributi, al pari degli altri periodi di sospensione facoltativa o obbligatoria.

 

I periodi di sospensione cautelare non sono utili neppure ai fini previdenziali per le medesime ragioni esposte al precedente paragrafo 2, con riferimento al TFS ed al TFR.

 

4.          Disciplina speciale del personale militare

 

L’Amministrazione di appartenenza del personale militare, anche prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 314/1997, era tenuta a versare i contributi ai fini pensionistici anche durante il periodo di sospensione cautelare, in quanto l’articolo 8 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, riconosceva per i militari l’utilità del periodo di sospensione.

 

Per il personale militare tali disposizioni sono state confermate dal d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, “Codice dell’Ordinamento militare” (cfr. in proposito gli artt. 916 e ss.). In particolare, l’articolo 920 del richiamato decreto prevede che, durante la sospensione dall'impiego, al personale militare compete la metà degli assegni a carattere fisso e continuativo. Agli effetti della pensione, il tempo trascorso in sospensione dal servizio è computato per metà.

 

Anche ai fini dell’indennità di buonuscita il periodo trascorso durante la sospensione dall’impiego è computato in ragione della metà, ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 1407/1956, che dispone che “I periodi trascorsi in posizioni che comportano la riduzione degli assegni di attività, esclusi quelli di aspettativa per infermità, vengono, agli effetti della liquidazione dell'indennità di buonuscita, computati per metà”, e dell’articolo 1847, comma 2, del già richiamato d.lgs. n. 66/2010.

 

In sintesi, per il personale in argomento, l’assegno corrisposto durante i periodi di sospensione cautelare è imponibile sia ai fini pensionistici sia ai fini previdenziali per l’erogazione dell’indennità di buonuscita.

 

Se alla sospensione precauzionale fa seguito la destituzione dall’impiego con effetto retroattivo, il periodo di sospensione in argomento non è utile ai fini delle prestazioni di quiescenza e previdenza e l’Amministrazione può recuperare i contributi versati.

 

Nei casi di destituzione con effetto non retroattivo, i periodi di sospensione cautelare dall’impiego che si collocano prima della data da cui decorre la destituzione sono comunque utili al cinquanta per cento.

 

Ove sia stata disposta la “perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari” nei riguardi di un soggetto già sospeso dall’impiego a titolo precauzionale, la stessa produce effetti ex tunc, ossia dal momento in cui è stata adottata tale misura cautelare, indipendentemente dal verificarsi degli eventi previsti nelle fattispecie di cui agli articoli 918 (revoca della sospensione) e 919 (durata massima della sospensione precauzionale facoltativa) del d.lgs. n. 66/2010.

 

Il periodo in cui il soggetto viene riammesso in servizio deve essere computato relativamente al trattamento di quiescenza e previdenza (cfr. sul punto Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 gennaio 2005, n. 251; Sez. VI, 20 ottobre 2005, n. 5907; Sez. VI, 25 giugno 2002, n. 3476).

 

 

5.    Effetti sulle prestazioni previdenziali e di quiescenza discendenti dall’adozione del provvedimento definitivo da parte dell’Amministrazione che incide sul periodo di sospensione cautelare

 

5.1       Ricostruzione di carriera con erogazione degli arretrati della retribuzione

 

Nel caso in cui, a seguito dell’adozione di un provvedimento definitivo che incida sul periodo di sospensione cautelare, il datore di lavoro disponga la “restitutio in integrum”, il lavoratore ha diritto al trattamento retributivo che avrebbe percepito se fosse rimasto in servizio. Dal trattamento spettante (escluse alcune voci previste dalla normativa o dalla contrattazione collettiva quali, ad esempio, indennità o compensi comunque collegati alla presenza in servizio, prestazioni di carattere straordinario) sarà portato in detrazione quanto corrisposto durante il periodo di sospensione cautelare, a titolo di assegno alimentare.

 

A seguito della “restitutio in integrum” è necessario denunciare, per il lavoratore interessato, la nuova posizione discendente dal provvedimento definitivo, per rendere i periodi interessati dalla “restitutio in integrum” utili ai fini pensionistici e della erogazione delle prestazioni di fine servizio (TFS/TFR). Il sostituto di imposta/datore di lavoro è tenuto a versare i contributi sulle somme erogate per effetto della ricostruzione della carriera tenendo conto che il versamento dei contributi per le gestioni INADEL o ENPAS deve essere effettuato sul trattamento retributivo utile che il lavoratore avrebbe percepito, atteso che l’assegno alimentare corrisposto in precedenza non rientra nella base imponibile delle gestioni previdenziali per le prestazioni di fine servizio.

 

Il versamento dei contributi deve essere effettuato sul differenziale erogato sia ai fini della gestione pensionistica sia per la gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, dell’assicurazione sociale vita (ex ENPDEP) e dell’assistenza magistrale (ex ENAM).

 

 

5.2    Licenziamento o destituzione

 

Nel caso in cui il datore di lavoro adotti un provvedimento disciplinare di licenziamento o di destituzione, può richiedere la restituzione dei contributi pagati per le somme erogate durante i periodi di sospensione cautelare che si collocano dopo la data di cessazione del rapporto di lavoro per effetto della retroattività del licenziamento.

 

Eventuali periodi di servizio resi dal dipendente a seguito della riammissione in servizio, per revoca del provvedimento di sospensione cautelare, sono utili ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza anche se, per effetto della retroattività del licenziamento o destituzione, si collocano dopo la data di cessazione del rapporto di lavoro. Ciò in quanto si tratta di servizi effettivamente resi dal dipendente.

 

In questo caso, tali periodi sono valutati ai fini pensionistici e previdenziali in quanto connessi ad un’attività lavorativa svolta temporaneamente e sotto condizione risolutiva, che si configura come un “autonomo servizio” non ricollegabile al precedente rapporto di pubblico impiego (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 27 agosto 2014, n. 4350).

 

Tale fattispecie rientra nella sfera di applicazione dell'articolo 2126 c.c., che riconosce al lavoratore il diritto al trattamento retributivo e alla contribuzione previdenziale per il tempo in cui il rapporto stesso ha avuto materiale esecuzione.

 

 

5.3    Sospensione dal servizio

 

Nel caso in cui il datore di lavoro sospenda il dipendente, a seguito della definizione del procedimento disciplinare riavviato o riaperto, e il periodo di sospensione sia inferiore al periodo di sospensione cautelare disposto in precedenza, i periodi che eccedono la sospensione irrogata dal provvedimento disciplinare sono utili ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza nella sola ipotesi di ricostruzione della carriera.

 

 

5.4    Rimborso della contribuzione versata ai fini del trattamento di quiescenza nei periodi di sospensione cautelare

 

Il datore di lavoro che abbia disposto la sospensione cautelare facoltativa per procedimento giudiziario in corso potrà recuperare i contributi versati per tale periodo qualora, a seguito dell’acquisizione di ulteriori elementi utili o della conclusione del procedimento penale, abbia adottato un provvedimento di sospensione (per sanzione disciplinare, per misure restrittive della libertà personale o per altre ipotesi di sospensione obbligatoria) in sostituzione della sospensione cautelare discrezionale.

 

In tale caso, il datore di lavoro dovrà inviare le nuove denunce contributive in sostituzione di quelle inviate in precedenza, rappresentando la nuova situazione secondo le istruzioni del presente messaggio.

 

Il recupero dei contributi è effettuato per l’intera aliquota (quota a carico del datore di lavoro e quota a carico del lavoratore) dal datore di lavoro, il quale è tenuto a restituire al lavoratore la quota posta a suo carico. Eventuali diffide da parte del lavoratore per il recupero della quota a suo carico devono essere indirizzate non all’Istituto, ma al datore di lavoro che ha effettuato le ritenute fiscali e previdenziali.

 

6.    Indicazioni per l’elaborazione dei flussi di denuncia ListaPosPA del flusso Uniemens

 

6.1   Adempimenti del datore di lavoro durante il periodo di sospensione cautelare facoltativa.

 

Il datore di lavoro che adotta un provvedimento di sospensione cautelare discrezionale per un procedimento giudiziario in corso dovrà valorizzare le denunce contributive utilizzando, esclusivamente, il Tipo Servizio 83 “Sospensione cautelare dal servizio per procedimento giudiziario in corso”, indicando negli elementi <imponibile> delle gestioni di riferimento del dipendente il valore corrispondente all’assegno alimentare erogato. Non dovrà essere valorizzata la gestione previdenziale (ENPAS o INADEL) per le prestazioni di fine servizio (TFS/TFR).

 

Per i periodi di sospensione facoltativa dall’impiego del personale militare per procedimento giudiziario in corso, l’Amministrazione dovrà valorizzare le denunce contributive utilizzando il Tipo Servizio 51 “Sospensione cautelare dal servizio personale Forze Armate” indicando negli elementi <imponibile> della gestione pensionistica, della gestione previdenziale e della gestione credito delle denunce inviate, il valore corrispondente all’assegno alimentare erogato.

 

Nei casi di riammissione in servizio a seguito della maturazione del periodo massimo di sospensione cautelare, i periodi di servizio devono essere denunciati secondo le consuete modalità.

 

Si evidenzia che nelle denunce dei periodi di sospensione per motivi diversi dalla sospensione cautelare discrezionale per procedimento giudiziario in corso è necessario indicare, nell’ultimo periodo di servizio utile che precede la data di decorrenza della sospensione, il Codice Cessazione 32 “Sospensione di periodo lavorativo utile” e non inviare alcuna denuncia per tutto il periodo della sospensione.

 

 

6.2   Adempimenti del datore di lavoro a seguito della conclusione del procedimento penale e degli effetti della definizione del procedimento disciplinare a carico del lavoratore

 

Le indicazioni di seguito riportate, di carattere generale, consentiranno di gestire correttamente i casi più frequenti e di aggiornare la posizione contributiva del lavoratore tenendo conto degli effetti del provvedimento, adottato dal datore di lavoro, che si riflettono sui periodi di sospensione cautelare.

 

Il datore di lavoro, dopo la definizione del procedimento disciplinare connesso ad un procedimento giudiziario per il quale aveva disposto un periodo di sospensione cautelare, è tenuto ad inviare le denunce contributive per aggiornare la posizione assicurativa del lavoratore al fine di riqualificare il periodo di sospensione cautelare disposto in via transitoria.

 

Licenziamento o destituzione: il sostituto di imposta/datore di lavoro deve indicare nel V1, causale 5, riferito all’ultimo periodo che precede la data di cessazione del rapporto di lavoro, il Codice Cessazione 9 “Destituzione” ovvero 14 “Licenziamento”. Nel caso in cui, per effetto dell’efficacia retroattiva del licenziamento, alcuni periodi di servizio prestato per effetto della riammissione in servizio si collochino dopo la data di cessazione del rapporto è necessario indicare il Codice Cessazione 9 “Destituzione” ovvero 14 “Licenziamento” nel V1, causale 5, anche nell’ultimo periodo relativo alla riammissione in servizio.

 

Per eliminare i periodi di sospensione cautelare che si collocano dopo la data di cessazione del rapporto di lavoro si dovranno inviare gli elementi V1, causale 6.

 

Il V1, causale 6, deve essere inviato anche per eliminare i periodi che si collocano tra la data di cessazione definita dal provvedimento con effetto ex tunc del rapporto di lavoro e il primo giorno di riammissione in servizio nei casi di revoca del provvedimento cautelare (cfr. secondo capoverso del paragrafo 5.2). L’invio di tali elementi consente di recuperare i contributi versati per i suddetti periodi.

 

Sospensione dal servizio: nei casi in cui si debba scomputare un periodo di sospensione disciplinare da un più ampio periodo di sospensione cautelare, il sostituto di imposta/datore di lavoro dovrà elaborare un V1, causale 5, relativo all’ultimo periodo di servizio utile che precede la data di decorrenza di detta sospensione valorizzando il Codice Cessazione 32 “Sospensione di periodo lavorativo utile” ed utilizzare gli elementi V1, causale 6, per eliminare i periodi di sospensione cautelare che coincidono con la sospensione disciplinare.

 

Ricostruzione di carriera: qualora, a seguito degli esiti del procedimento penale, si proceda alla ricostruzione della carriera, per i periodi precedentemente comunicati con il Tipo Servizio 83 “Sospensione cautelare dal servizio per procedimento giudiziario in corso” deve essere utilizzato l’elemento V1, Causale 7, Codice Motivo Utilizzo 3 “Regolarizzazione da Sentenza”.

 

In tale elemento dovranno essere dichiarati i valori delle retribuzioni che il dipendente avrebbe percepito se fosse rimasto in servizio, al netto di quanto denunciato durante il periodo di sospensione cautelare, per il procedimento giudiziario in corso, per le somme erogate a titolo di assegno alimentare, valorizzando tutte le gestioni di iscrizione del lavoratore e tenendo conto che per la gestione previdenziale (INADEL o ENPAS) i contributi devono essere denunciati e versati per l’intero importo, in quanto l’assegno alimentare erogato durante la sospensione cautelare non è imponibile con riferimento a tale gestione.

 

Si evidenzia che in questo caso l’elemento <CodOrgano> di <DescMotivoUtilizzo>, obbligatorio per il V1, Causale 7, Codice Motivo Utilizzo 3, deve essere compilato con il codice 8 “Autorità giudiziaria penale”.

 

6.3  Regolarizzazione periodi di sospensione cautelare per procedimento giudiziario che si collocano nei periodi retributivi successivi alla pubblicazione della circolare n. 6/2014

 

Per i periodi di sospensione cautelare, che si collocano nei periodi retributivi dal mese di febbraio 2014 al periodo retributivo del mese di pubblicazione del presente messaggio, denunciati con modalità diverse o per i quali non sia stata inviata alcuna denuncia, si dovrà procedere alla relativa regolarizzazione entro la fine del terzo mese successivo a quello di emanazione del presente messaggio.

 

In particolare, qualora siano state trasmesse denunce utilizzando il Tipo Servizio 4 “Servizio Ordinario”, si dovrà inviare per ciascun periodo l’elemento V1, Causale 5, Tipo Servizio 83 “Sospensione cautelare dal servizio per procedimento giudiziario in corso”, indicando negli elementi <imponibile> della gestione pensionistica e della gestione credito delle denunce inviate il valore corrispondente all’assegno alimentare erogato. Per il personale militare deve essere utilizzato il Tipo Servizio 51 “Sospensione dall’impiego personale Forze Armate”, indicando negli elementi <imponibile> della gestione pensionistica, della gestione previdenziale e della gestione credito delle denunce inviate il valore corrispondente all’assegno alimentare erogato.

 

Qualora invece non sia stata inviata alcuna denuncia, si dovranno trasmettere gli elementi  V1, causale 2, indicando il Tipo Servizio 83 “Sospensione cautelare dal servizio per procedimento giudiziario in corso” ovvero 51 “Sospensione dall’impiego personale Forze Armate”, valorizzando gli elementi imponibili secondo la modalità indicate in precedenza (cfr. paragrafo 6.1).

 

7.     Brevi cenni ad altre ipotesi di sospensione

 

Si evidenzia da ultimo che, ad eccezione della sospensione cautelare per procedimento giudiziario in corso, cui si riferisce il presente messaggio, il datore di lavoro non deve inviare le denunce contributive né effettuare versamenti contributivi per le altre ipotesi di sospensione, tra quali si ricordano, a titolo esemplificativo, le seguenti:

 

  • sospensione dal servizio per misure restrittive della libertà personale anche di carattere preventivo, atteso che in tale ipotesi la sospensione non è una misura precauzionale tesa all'allontanamento dal servizio del dipendente (finalità propria della sospensione cautelare “facoltativa”). Ciò in quanto nell’ipotesi in argomento il lavoratore è impossibilitato ad effettuare la prestazione per effetto delle misure restrittive della libertà;
  • sanzione disciplinare della sospensione dal servizio;
  • sospensione cautelare dal servizio prima della visita di accertamento del dipendente presuntivamente inidoneo fisicamente o psichicamente al lavoro, disposta ex art. 6, del d.P.R. n. 171/2011 sulla base dei presupposti ivi espressamente disciplinati (cfr. al riguardo la circolare n. 6/2014, paragrafo 8);
  • sospensione cautelare in attesa dell’esito di un procedimento disciplinare non collegato ad un procedimento giudiziario in corso.

 

  Il Direttore Generale  
  Gabriella Di Michele