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Gestione dei ricorsi amministrativi in materia di inquadramento previdenziale

Il servizio permette di attribuire ai datori di lavoro l’inquadramento previdenziale sulla base dell’autocertificazione dell’attività dichiarata. I datori possono presentare ricorso contro i provvedimenti di variazione della classificazione.
Rivolto a:
Categorie
Datori di lavoro domestico- Amministrazioni, Enti e Aziende- Patronati
Cassa di appartenenza
-
Età
-
Il servizio è presente anche in

Pubblicazione: 14 settembre 2021 Ultimo aggiornamento: 7 dicembre 2021

Cos’è

L’INPS provvede alla classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali e assistenziali. Il relativo contenzioso è affidato al Consiglio di Amministrazione dell’Istituto.

A chi è rivolto

I datori di lavoro possono presentare ricorso amministrativo contro i provvedimenti di variazione della classificazione ai fini previdenziali.

Come funziona

L’inquadramento dei datori di lavoro avviene automaticamente al momento della presentazione della domanda da parte degli stessi attraverso una procedura automatizzata. La procedura è strutturata per attribuire ai datori di lavoro l’inquadramento previdenziale sulla base dell’autocertificazione dell’attività dichiarata e, qualora sia necessario, sempre in base all’autocertificazione dell’attività attraverso la compilazione di un questionario personalizzato a seconda dell’attività indicata.

Di conseguenza, i datori di lavoro che inviano una domanda di iscrizione all’INPS – cui l’articolo 49, legge 9 marzo 1989, n. 88 attribuisce la titolarità della classificazione dei datori di lavoro a tutti i fini previdenziali e assistenziali – hanno l’obbligo di comunicare il codice dell’attività economica esercitata in relazione alla posizione aziendale aperta per i dipendenti, ricavato dalla tabella ATECO 2007 e riportata nel manuale aggiornato di classificazione dei datori di lavoro allegato al messaggio 7 giugno 2021, n. 2185.

La procedura automatizzata non muta il potere/dovere dell’INPS di effettuare i controlli sulle autocertificazioni.

L’inquadramento del datore di lavoro può essere, quindi, soggetto a variazioni, a seguito di provvedimento di variazione della classificazione adottato:

  • d’ufficio dall’INPS;
  • a seguito di accertamento ispettivo;
  • su richiesta del datore di lavoro.

Le iscrizioni effettuate mediante il sistema automatizzato di inquadramento sono, infatti, sottoposte a verifica automatizzata per il riscontro di quanto dichiarato. In caso di esito positivo, l’inquadramento automatizzato attribuito sarà confermato.

Qualora, invece, l’esito dei controlli evidenziasse difformità rispetto a quanto dichiarato, la sede competente per la gestione della matricola aziendale contatterà direttamente il datore di lavoro/intermediario per evidenziare le anomalie riscontrate.

L’articolo 3, comma 8, legge 8 agosto 1995, n. 335 (“Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”) dispone che: “I provvedimenti adottati d'ufficio dall'INPS di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente alla effettiva attività svolta, producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione, con esclusione dei casi in cui l'inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro. In caso di variazione disposta a seguito di richiesta dell'azienda, gli effetti del provvedimento decorrono dal periodo di paga in corso alla data della richiesta stessa. Le variazioni di inquadramento adottate con provvedimenti aventi efficacia generale riguardanti intere categorie di datori di lavoro producono effetti, nel rispetto del principio della non retroattività, dalla data fissata dall'INPS” (circolare INPS 28 luglio 2021, n. 113).

Per quanto concerne, invece, gli accertamenti ispettivi, la variazione dell’inquadramento è determinata a seguito di verifica dell’attività esercitata in concreto dall’azienda.

Domanda

Il ricorso può essere presentato esclusivamente in modalità telematica, direttamente dal cittadino, attraverso il servizio online dedicato o tramite enti di patronato e intermediari dell’Istituto, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.

Il ricorso viene presentato alla sede provinciale che ha adottato il provvedimento e, ai sensi dell’articolo 50, comma 2, legge 88/89, deve essere deciso entro 90 giorni dalla data di presentazione.

I termini per la decisione del ricorso decorrono dalla data di ricezione del medesimo, attestata dal protocollo informatico.

In caso di mancata decisione entro il suddetto termine il ricorrente può rivolgersi all'autorità giudiziaria.

L’organo competente, tuttavia, ha il potere di esaminare i ricorsi e di assumere decisioni in merito anche dopo la scadenza del termine di 90 giorni.

La proposizione del ricorso non sospende l'applicazione del provvedimento impugnato.

Il ricorso proposto telematicamente dal datore di lavoro contro l’inquadramento previdenziale viene inviato – attraverso la procedura dedicata al contenzioso amministrativo – dalla sede competente con una prima scheda istruttoria alla Direzione regionale o Direzione di coordinamento metropolitano competente, la quale inoltra il ricorso alla Direzione centrale Entrate.

Quest’ultima provvede all’esame in fase istruttoria della correttezza formale e procedurale, della completezza documentale e della conformità normativa del ricorso, della relazione istruttoria, della documentazione e dello schema di proposta della deliberazione come elaborati dalle strutture territoriali e, chiusa l’istruttoria, predispone un fascicolo che include la relazione istruttoria, la proposta di deliberazione e la relativa documentazione allegata.

La proposta di deliberazione è successivamente trasmessa al Direttore Generale, che la trasmette per l’inserimento all’ordine del giorno della riunione del Consiglio di Amministrazione.

Tempi di lavorazione del provvedimento

Il termine ordinario per l’emanazione dei provvedimenti è stabilito dalla legge n. 241/1990 in 30 giorni. In alcuni casi la legge può fissare termini diversi.

Nella tabella sono riportati i termini superiori ai trenta giorni, stabiliti dall’Istituto con Regolamento.

La tabella, oltre ai termini per l’emanazione del provvedimento, indica anche il relativo responsabile.