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Pubblicazione: 21 ottobre 2025
«Ogni volta che una persona muore sul lavoro, il Paese perde. Non perdiamo solo un lavoratore, perdiamo un genitore, un figlio, un amico. Ogni vita spezzata è una sconfitta dello Stato, è la misura di quanto ancora dobbiamo fare. Perché la sicurezza non è un protocollo, non è una firma su un documento. È una forma di civiltà. È il modo con cui una comunità dimostra di avere rispetto per la vita di chi lavora, produce, costruisce. Noi dobbiamo dire le cose come stanno: la sicurezza non si insegna in un corso, si costruisce nel tempo, si impara da ragazzi, a scuola, e si consolida nel mondo del lavoro», queste le dichiarazioni del Presidente INPS Gabriele Fava, intervenuto al convegno organizzato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, dal titolo “Il Decalogo sulla sicurezza sui luoghi di lavoro: un percorso di condivisione con le istituzioni e le parti sociali”. L’evento si è tenuto il 21 ottobre, a Roma, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani.
«La legge 21 del 2025, che introduce la sicurezza nei programmi di educazione civica, è un passo importante. Ma non basta. Serve una grande alleanza culturale. Serve una campagna permanente che coinvolga scuole, famiglie, imprese e istituzioni. Una campagna capace di parlare anche ai più giovani, con un linguaggio nuovo, diretto, social, contemporaneo. Perché la sicurezza non deve restare una parola da convegno: deve diventare un riflesso naturale, parte della nostra educazione civica quotidiana. Dobbiamo cambiare mentalità – ha sottolineato Fava –. La sicurezza non è un costo, è un investimento che tutela vite, garantisce produttività e costruisce fiducia. E senza fiducia, nessun sistema può reggere. La sicurezza è il cemento del patto sociale tra Stato, imprese e lavoratori».
«Per questo oggi l’INPS ha scelto un approccio nuovo, fondato sulla vigilanza di prossimità. Una vigilanza che ascolta e accompagna, che sa essere rigorosa ma anche umana. Non è solo controllo: è prevenzione, è tutela, è giustizia. E rappresenta, insieme, la spina dorsale del patto previdenziale che unisce generazioni, lavoratori e imprese – ha continuato il Presidente –. Con i nuovi ispettori, e ringrazio il Ministro del Lavoro, stiamo facendo un salto di qualità. Non parliamo solo di più controlli, ma di una nuova presenza dello Stato sul territorio, capace di unire rigore e umanità. Significa mettere l’istituzione al fianco di chi lavora, non contro. E qui si inserisce il Correttivo Ter, che rappresenta una vera svolta di sistema. Non è un tecnicismo: è una scelta di visione. Con il Correttivo Ter, lo Stato non si limita a recuperare crediti, ma interviene per salvare imprese sane in difficoltà, per proteggere posti di lavoro e famiglie, per garantire continuità produttiva e coesione sociale. È questa la nuova idea di legalità: una legalità che non si accontenta di sanzionare, ma che costruisce futuro».
«E il cambiamento non si ferma qui. Abbiamo costruito un’architettura di alleanze istituzionali senza precedenti: INPS, INL, INAIL, Forze dell’Ordine, ma anche accordi con AGEA e INVIMIT, per vigilare dove il rischio è più alto, nei campi, nei cantieri, nei distacchi transnazionali. Lo Stato oggi c’è, e sa fare squadra. E quando le istituzioni fanno squadra, i risultati arrivano. Oggi la nostra vigilanza è più mirata, più rapida, più efficace. Nel settore degli apprendisti, abbiamo riscontrato un tasso di irregolarità del 92% e stiamo intervenendo per recuperare diritti e legalità. Sulla Decontribuzione Sud, abbiamo avviato verifiche puntuali per tutelare chi rispetta le regole. Nel monitoraggio dei flussi UNIEMENS e UNILAV, abbiamo corretto migliaia di codifiche errate sulle cessazioni. Sulla Cassa Integrazione, abbiamo rafforzato i controlli per garantire che nessun lavoratore venga lasciato solo in caso di rigetto. Nel lavoro domestico, abbiamo smantellato reti di falsi rapporti di lavoro. Nei cantieri e nelle ristrutturazioni, abbiamo alzato il livello di attenzione su sicurezza e regolarità. Sui distacchi irregolari, anche transnazionali, stiamo agendo in modo deciso», ha aggiunto.
«E abbiamo aperto un nuovo fronte, quello del lavoro digitale, con i primi riscontri sui content creator, per garantire anche lì trasparenza e tutele. Questi non sono numeri, sono vite, diritti, storie di legalità recuperata. Sono la prova che quando lo Stato lavora in modo coordinato, funziona. Che quando l’Istituto è presente, i risultati si vedono. E che dietro ogni dato c’è una persona, una famiglia, un destino che abbiamo il dovere di proteggere. Ma serve un passo in più. Serve un patto culturale permanente, una grande campagna nazionale sulla sicurezza. Un progetto condiviso da tutte le istituzioni, dalla scuola ai luoghi di lavoro, dai media ai social, perché la cultura della sicurezza deve diventare patrimonio collettivo. Messaggi chiari, strumenti pratici, piccoli gesti quotidiani: dobbiamo rendere la sicurezza un’abitudine, una forma di identità civile. Sicurezza è valore, è tecnologia, è formazione, è legalità, è fiducia. È la scelta di un Paese che non si arrende, che non si rassegna a contare le vittime, ma sceglie di salvare vite. All’INPS continueremo a fare la nostra parte, con rigore e umanità, perché un Paese si misura non solo da quanto produce, ma da quanto protegge. E perché ogni vita salvata non è una notizia. È, semplicemente, il nostro dovere», ha concluso il Presidente.
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