Decorrenza e durata
Il congedo di maternità spetta:
- durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo il caso in cui ci si avvalga della flessibilità continuando a lavorare fino all'inizio del nono mese di gestazione;
- nel caso in cui il parto avvenga oltre la data presunta, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
- durante i tre mesi dopo il parto, salvo il caso in cui la madre si sia avvalsa della flessibilità (in tal caso l'astensione dopo il parto è di quattro mesi);
- durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui al primo e al terzo punto superi il limite complessivo di cinque mesi (circolare INPS 28 aprile 2016, n. 69).
Il congedo di maternità spetta anche in caso di adozione o affidamento. In caso di adozione o affidamento nazionale, spettano cinque mesi di congedo (e relativa indennità) dall'ingresso del minore in famiglia, mentre in caso di adozione o affidamento internazionale spettano cinque mesi di congedo (e relativa indennità) dall'ingresso del minore in Italia. In caso di affidamento non preadottivo spettano tre mesi di congedo (e relativa indennità) da fruire entro i cinque mesi successivi all'ingresso in famiglia del minore.
La tutela di maternità può essere estesa a periodi antecedenti l'inizio del congedo di maternità (interdizione anticipata) ovvero a periodi successivi al congedo stesso fino a un massimo di sette mesi dalla data di nascita o di adozione/affidamento (interdizione prorogata).
I provvedimenti di interdizione sono adottati dalla ASL (Azienda Sanitaria Locale) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza (solo interdizione anticipata) oppure dalla DTL (Direzione Territoriale del Lavoro) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino o quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni (interdizione anticipata e prorogata).
In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità post-partum, e di goderne, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino o da data antecedente alla stessa. Tale diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell'attività lavorativa.
In caso di interruzione di gravidanza verificatasi dopo 180 giorni dall'inizio della gestazione (180° giorno incluso), o in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice ha diritto ad astenersi dal lavoro per l'intero periodo di congedo di maternità salvo che la stessa non si avvalga della facoltà di riprendere l'attività lavorativa.
Il congedo di paternità spetta al padre lavoratore e consiste nel diritto ad assentarsi dal lavoro per la durata del congedo di maternità post partum che sarebbe spettato alla madre, anche non lavoratrice, in caso di:
- morte della madre;
- grave infermità;
- abbandono;
- affidamento esclusivo del figlio;
- rinuncia della madre in caso di adozione o affidamento.
Quanto spetta
Durante il periodo di assenza obbligatoria la lavoratrice ha diritto all'indennità di maternità pagata dall'INPS, pari all'80% della retribuzione giornaliera convenzionale settimanale per le lavoratrici domestiche. Nel calcolo dell'indennità sono considerati solo i periodi di lavoro svolti come lavoratrice domestica.
Al padre spetta l'indennità pari all'80% della retribuzione giornaliera convenzionale settimanale per i lavoratori domestici.
Ai lavoratori domestici spetta inoltre il congedo papà.